INDICE
TITOLO I
Disposizioni generali
art. 1. Finalità
TITOLO II
Soggetti, programmazione e organizzazione
Capo I
I soggetti istituzionali
art. 2. La Regione
art. 3. La Provincia
art. 4. Il Comune
Capo II
I soggetti privati
art. 5. Autorizzazione e accreditamento
Capo III
Strumenti, procedure della programmazione ed ambiti territoriali
art. 6. Piano regionale di indirizzo per gli interventi educativi
art. 7. Elaborazione e approvazione del Piano regionale di indirizzo per
gli interventi educativi
art. 8. La zona: il piano zonale per gli interventi educativi
TITOLO III
Gli interventi educativi
art. 9. Finalità degli interventi
art. 10. Tipologie degli interventi
art. 11. Regolamenti di attuazione
art. 12. Nido di infanzia
art. 13. Servizi educativi complementari per la prima infanzia
art. 14. Regolamenti comunali
art. 15. Interventi di continuità educativa per il tempo libero rivolti
all'infanzia ed agli adolescenti
art. 16. Coordinamento ed integrazione degli interventi
TITOLO IV
Norme finali
art. 17. Strutture del demanio regionale
art. 18. Norma finanziaria
art. 19. Norme transitorie
art. 20. Abrogazioni
TITOLO I
Disposizioni generali
Art.1
Finalità
1. La Regione con la
presente legge definisce il quadro degli interventi educativi rivolti
all'infanzia e agli adolescenti, non ricompresi dalla L.R. 3 ottobre 1997,
n. 72 (Organizzazione e promozione di un sistema di diritti di
cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi
socio-assistenziali e socio-sanitari integrati), tesi a garantire i
diritti di questi soggetti sociali, e a tal fine promuove e coordina
interventi educativi unitari e globali, tesi alla piena e completa
realizzazione dei diritti della persona, anche attraverso la loro
integrazione con quelli sociali e sanitari, con quelli relativi alla casa,
all'istruzione, al diritto allo studio, alla cultura, al tempo libero,
alla formazione, al lavoro e a tutti gli altri interventi finalizzati al
benessere della persona.
2. La Regione opera nel rispetto dei principi della convenzione ONU,
recepita con legge 27 maggio 1991, n.176 "Ratifica ed esecuzione
della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20
novembre 1989", della quale assume le finalità, a fondamento degli
interventi educativi per l'infanzia e l'adolescenza.
3. A tal fine la programmazione e la realizzazione degli interventi
educativi si informa ai principi del pieno ed inviolabile rispetto della
libertà e della dignità della persona, della solidarietà,
dell'uguaglianza di opportunità, sia in relazione alle condizioni
fisiche, culturali e sociali che tra uomo e donna, della valorizzazione
della differenza di genere, della partecipazione, dell'autonomia e
dell'autogoverno, dell'autorganizzazione, della integrazione delle diverse
culture, garantendo il diritto all'educazione, all'istruzione e
promuovendo la qualità della vita, lo sviluppo armonico e completo della
identità personale e sociale dei bambini e delle bambine, la
partecipazione attiva alla vita sociale, culturale ed economica, la
realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e
dell'adolescenza, privilegiando l'ambiente ad esse più confacente ovvero
la famiglia naturale, adottiva o affidataria.
4. La Regione indica quale principio prioritario della programmazione
degli interventi educativi, la partecipazione delle parti sociali al
processo decisionale pubblico, da attuarsi attraverso lo strumento della
concertazione.
TITOLO II
SOGGETTI, PROGRAMMAZIONE E ORGANIZZAZIONE
Capo I
I soggetti istituzionali
Art. 2
La Regione
1. La Regione, nell'ambito
degli obiettivi generali della programmazione, approva:
a) il Piano di indirizzo per gli interventi educativi, redatto con il
concorso di enti locali, istituzioni pubbliche e dei soggetti privati
operanti nel settore;
b) i Regolamenti di attuazione della presente legge.
2. La Regione esercita le seguenti funzioni:
a) programmazione, indirizzo e coordinamento degli interventi educativi;
b) definizione dei criteri per l'istituzione, la gestione ed il controllo
dei servizi, nonché degli standard strutturali, qualitativi ed
organizzativi che li connotano;
c) definizione dei requisiti minimi per l'ottenimento della autorizzazione
al funzionamento delle strutture e dei servizi, nonché dei requisiti
qualitativi aggiuntivi necessari per l'accreditamento;
d) definizione di modalità e strumenti per il monitoraggio della
qualità, la verifica e la valutazione dei servizi;
e) controllo e verifica dell'attuazione del Piano di indirizzo per gli
interventi educativi;
f) ripartizione delle risorse finanziarie trasferite dallo Stato, secondo
i criteri previsti dalle specifiche leggi di finanziamento:
g) ripartizione delle risorse regionali destinate agli interventi per la
realizzazione del Piano di indirizzo per gli interventi educativi;
h) promozione e coordinamento di interventi educativi unitari e globali a
livello regionale.
realizzazione, sentiti i Comuni interessati, di progetti innovativi e
sperimentali di interesse regionale.
3. La Regione per il raggiungimento delle finalità e degli obiettivi
della presente legge, promuove attività di studio, ricerca,
documentazione, e la sperimentazione sui temi concernenti la condizione
dell'infanzia e dell'adolescenza, con la collaborazione dell'Università,
di Enti e Istituti di ricerca e di documentazione, secondo le previsioni
del Piano regionale di indirizzo per gli interventi educativi, e persegue
altresì il coordinamento e l'integrazione dei flussi informativi con
quelli attinenti all'intervento sociale al fine di ottenere una
rappresentazione globale delle problematiche, anche avvalendosi
dell'Osservatorio Sociale di cui all'articolo 64 della L.R. 72/1997.
4.Le funzioni di cui al presente articolo sono svolte dalla Regione in
collaborazione con le agenzie educative presenti nel territorio, ed in
particolare con l'istituzione scolastica.
Art.3
La Provincia
1. La Provincia, ai sensi
dell'art. 14, comma 2 della L. 8 giugno 1990, n. 142, "Ordinamento
delle autonomie locali", concorre alla elaborazione del piano
regionale di indirizzo di cui all'art. 6.
2. In particolare la Provincia:
a. concorre alla definizione del piano zonale per gli interventi educativi
di cui all'art. 8 della presente legge, approvato dall'articolazione
zonale della Conferenza dei Sindaci di cui all'art. 12 della L.R. 72/1997
al fine di coordinare gli interventi di propria competenza;
b. partecipa, in relazione agli interventi di propria competenza, alle
sedute della articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci, che hanno
ad oggetto la formazione e l'adozione del piano zonale per gli interventi
educativi;
c. elabora ed attua progetti ed interventi in materia di orientamento e
formazione professionale ai sensi della normativa vigente in materia.
3. Le funzioni di cui al presente articolo sono svolte dalla Provincia in
collaborazione con le agenzie educative presenti nel territorio, ed in
particolare con l'istituzione scolastica.
Art. 4
Il Comune
1. Il Comune è l'ente
titolare delle funzioni in materia di servizi ed interventi educativi di
cui alla presente legge.
2. Il Comune gestisce i servizi e gli interventi di propria competenza in
uno dei seguenti modi:
a) in forma diretta, anche tramite gli strumenti previsti dalla L. 8
giugno 1990 n. 142;
b) in associazione con uno, più o tutti i Comuni ricompresi nella zona
socio-sanitaria di cui all'art. 19 della L.R. 72/1997, attraverso le forme
previste dalla L. 142/1990;
mediante delega alla Comunità montana.
3. I Comuni concorrono alla programmazione regionale, nel rispetto delle
indicazioni contenute nel Piano regionale di indirizzo di cui all'articolo
6, mediante programmi e progetti educativi contenuti nel Piano comunale
annuale relativo all'offerta complessiva degli interventi educativi di cui
alla presente legge. Il Piano comunale annuale comprende l'offerta
complessiva degli interventi educativi ed in particolare:
-i servizi erogati direttamente o attraverso i soggetti di cui al comma 6;
-i programmi e i progetti educativi comunali attuativi del piano di
indirizzo regionale;
-progetti, interventi, attività complementari e organiche presentate o
concordate con le agenzie educative presenti nel territorio, ed in
particolare con l'istituzione scolastica, con le organizzazioni del
volontariato, dell'associazionismo, del privato sociale, nonché dei
privati, o di reti anche informali di persone e famiglie.
4. L'articolazione zonale della Conferenza dei Sindaci valuta il Piano
annuale, di cui al precedente comma, per la parte attuativa degli
obiettivi del Piano regionale di indirizzo, e individua le priorità per
la formazione del Piano di zona.
5. Il Comune gestisce nelle forme prescelte, anche avvalendosi dei
soggetti iscritti agli albi relativi di cui alle LL.RR. 26 aprile 1993 n.
28 e successive modificazioni ed integrazioni, 28 gennaio 1994 n. 13 e
successive modifiche e integrazioni e 9 aprile 1990 n. 36 e successive
modificazioni e integrazioni, relative al volontariato, alla cooperazione
sociale, all'associazionismo e di altri soggetti del privato sociale
riconosciuti idonei ai sensi dell'art. 25 della L.R. 72/1997, i propri
interventi contenuti nei piani educativi zonali approvati ai sensi
dell'articolo 8 comma 5 della presente legge, e sostenuti da finanziamenti
regionali.
6. I Comuni per l'erogazione dei servizi, nell'ambito delle risorse
programmate, possono convenzionarsi con Enti pubblici e privati
accreditati ai sensi dell'art. 5 e autorizzare i cittadini alla fruizione
delle prestazioni e servizi di rete tramite appositi buoni-servizio, le
cui modalità di attribuzione sono disciplinate da apposito regolamento
comunale da adottarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore del rispettivo
Regolamento di cui all'articolo 11. In presenza delle suddette convenzioni
i Comuni, anche in forma associata, assicurano il coordinamento tecnico
pedagogico con gli altri analoghi servizi pubblici eventualmente presenti
sul proprio territorio
7. Le strutture pubbliche che erogano i servizi di cui alla presente legge
devono esser in possesso dei requisiti richiesti dal rispettivo
Regolamento di cui all'articolo 11, per l'accreditamento dei soggetti
privati.
Capo II
I soggetti privati
Art.5
Autorizzazione e accreditamento
1. I Comuni autorizzano
soggetti privati ad istituire e gestire servizi di carattere educativo nel
rispetto della normativa vigente.
2. L'autorizzazione è rilasciata dal Comune nel cui territorio sono
ubicati i servizi e le strutture in cui si realizzano le attività, nel
rispetto delle prescrizioni dei Regolamenti di cui all'articolo 11.
3. Il Comune, nel rispetto delle prescrizioni dei Regolamenti di cui
all'articolo 11 e del Piano comunale annuale di cui all'articolo 4, comma
3, e nell'ambito delle risorse programmate, concede, ai soggetti privati
che ne facciano richiesta, l'accreditamento ai fini del convenzionamento
di cui all'articolo 4, comma 6.
Capo III
Strumenti, procedure della programmazione ed ambiti territoriali
Art.6
Piano regionale di indirizzo per gli interventi educativi
1. Il Piano regionale di
indirizzo per gli interventi educativi è l'atto di programmazione
settoriale con cui la Regione, anche con riferimento alle priorità
individuate dal programma regionale di sviluppo, definisce, coordina ed
integra tra loro, le politiche educative.
2. Il Piano è costituito da due parti distinte, la prima delle quali
orienta ed indirizza gli interventi di competenza degli Enti locali, al
fine di rendere omogenei ed elevare progressivamente gli standard delle
prestazioni educative, la seconda specifica e rende operativi i progetti
di interesse regionale, di cui al precedente articolo 2, comma 2, lettera
i), individuati dal programma regionale di sviluppo.
3. La prima parte del Piano regionale di indirizzo per gli interventi
educativi, relativa agli interventi degli enti locali, è a sua volta
articolata in tre parti:
a. il programma finanziario annuale, con il quale sono assegnate alle
zone, di cui all'articolo 8, e agli eventuali progetti di interesse
regionale, le risorse allocate nel bilancio regionale, indicando:
1) la disponibilità complessiva delle risorse e l'indicazione delle fonti
relative di finanziamento, con evidenza dei relativi capitoli di bilancio
e specificazione di eventuali vincoli di destinazione derivanti da
finanziamenti statali o comunitari;
2) l'eventuale individuazione per tipologia di spesa;
3) l'eventuale stanziamento riservato ai progetti di interesse regionale,
non superiore al dieci per cento della disponibilità complessiva;
4) la quota delle risorse complessive, compresa tra il dieci per cento ed
il venti per cento, attribuita ai Comuni che adottano la forma associata
di gestione con tutti i Comuni ricompresi nella zona di cui all'articolo
8, comma 1, per la parte prevalente degli interventi educativi;
b. Il disciplinare di attuazione, contenente:
1) i criteri e i parametri oggettivi di ripartizione tra i diversi ambiti
territoriali, determinati tenendo conto, tra l'altro, dei servizi e
progetti esistenti nelle zone, dei bisogni rilevati nell'ambito
dell'Osservatorio sociale regionale, delle indicazioni fornite dai
soggetti titolari delle funzioni con distinta evidenza per i finanziamenti
statali;
2) le modalità e procedure essenziali per l'elaborazione e l'adozione del
piano zonale per gli interventi educativi;
3) le modalità di monitoraggio, valutazione e documentazione;
4) i termini e modalità di rendicontazione;
5) gli eventuali interventi sanzionatori o surrogatori e le condizioni e
modalità di eventuale revoca e ridestinazione dei finanziamenti;
c. Il dispositivo di piano, comprendente:
1) gli obiettivi generali cui deve essere rivolta l'azione degli enti
locali e le priorità da assumere;
2) le tipologie e le caratteristiche degli interventi da privilegiare;
3) le forme di raccordo e di integrazione tra gli interventi educativi e
quelli di assistenza sociale;
4) i criteri generali per la valutazione e la selezione dei progetti e
degli interventi e per l'attribuzione dei finanziamenti ai destinatari,
con previsione di eventuali vincoli di concorso finanziario e di
fattispecie di esclusione;
5) la definizione degli indicatori per la verifica di efficacia degli
interventi;
6) gli eventuali altri interventi previsti ai sensi dell'articolo 10,
comma 1, lettera c).
4. La seconda parte del Piano regionale di indirizzo per gli interventi
educativi, relativa ai progetti di interesse regionale contiene:
a. la specificazione di ciascun progetto in conformità alle disposizioni
della presente legge;
b. la ripartizione tra i progetti, delle risorse finanziarie recate dal
bilancio regionale, relativamente agli interventi diretti della Regione
nel settore di competenza del piano;
c. le determinazioni tecnico progettuali e le modalità ed i tempi di
attuazione;
d. le forme di collaborazione, anche mediante convenzioni o accordi di
programma, con i soggetti istituzionali, sociali e privati il cui concorso
è necessario per la realizzazione degli interventi;
e. le metodologie per la valutazione e la verifica degli effetti che
ciascun progetto produce negli ambiti territoriali interessati;
f. i progetti attivati dalla Regione con quote riservate di finanziamenti
derivanti da leggi statali.
Art. 7
Elaborazione e approvazione del Piano regionale di indirizzo per gli
interventi educativi
1. La Giunta Regionale
predispone il Piano regionale di indirizzo per gli interventi educativi
assicurando la partecipazione, anche mediante forme di concertazione, dei
soggetti istituzionali e sociali interessati.
2. La Giunta Regionale, acquisiti i pareri di cui al comma 1, presenta il
Piano regionale di indirizzo per gli interventi educativi al Consiglio
Regionale per la sua approvazione, almeno tre mesi prima della data di
prevista decorrenza; il Piano ha validità triennale, di norma coincidente
con quella del programma regionale di sviluppo e ne segue i criteri di
scorrimento e le modalità di aggiornamento. Il relativo programma
finanziario è aggiornato di norma annualmente; il dispositivo di piano e
il disciplinare di attuazione mantengono, di norma, la loro validità per
l'intero arco di efficacia del piano e sono modificati soltanto quando se
ne presenti la necessità.
3. Ai fini della formazione del Piano regionale di indirizzo per gli
interventi educativi, il Consiglio regionale definisce, su proposta della
Giunta, direttive in ordine alle modalità di raccordo e di integrazione
tra il Piano Regionale di indirizzo per gli interventi educativi, il Piano
di indirizzo per il diritto allo studio, il Piano integrato sociale
regionale, secondo quanto previsto dall'art. 10, comma 3, della L.R.
72/1997.
4. In concomitanza con la presentazione del Piano Regionale di indirizzo e
del suo aggiornamento, la Giunta Regionale è tenuta a presentare una
dettagliata relazione al Consiglio Regionale contenente un'analisi sui
risultati conseguiti nell'attuazione della presente legge nell'anno
precedente. La relazione dovrà contenere un rendiconto finanziario per
ogni Piano di Zona con la quantificazione dei soggetti beneficiari dei
singoli interventi.
Art. 8
La zona: il piano zonale per gli interventi educativi
1. L'ambito territoriale di
associazione tra i Comuni per la programmazione e la realizzazione di
interventi educativi coordinati ed integrati, e di riferimento per
l'allocazione delle risorse necessarie a garantirne l'efficienza con il
conseguimento degli obiettivi della programmazione zonale, è la zona di
cui all'articolo 19 della L.R..72/1997 .
2. Il piano zonale per gli interventi educativi è l'atto in cui sono
riassunti, coordinati e integrati, i programmi ed i progetti di intervento
dei comuni, della Provincia e degli altri soggetti pubblici o privati, di
cui al precedente articolo 4, comma 3; esso individua l'entità dei
finanziamenti messi a disposizione per ciascun progetto da parte dei
Comuni e gli altri soggetti pubblici o privati, le risorse regionali
integrative eventualmente necessarie per la completa realizzazione di
ciascun programma o progetto, ed i rispettivi soggetti attuatori.
3. Il piano zonale per gli interventi educativi definisce, altresì, le
modalità di realizzazione dei progetti, gli obiettivi che si intendono
perseguire, i tempi di attuazione, gli indicatori di verifica
dell'efficacia e della qualità degli interventi.
4. In particolare il piano zonale per gli interventi educativi deve
prevedere l'integrazione ed il coordinamento con le azioni per il diritto
allo studio e con i "progetti integrati di area" di cui agli
articoli 9 e 10 della L.R. 19 giugno 1981, n.53, "Interventi per il
diritto allo studio", e successive modificazioni.
5. Il piano zonale degli interventi educativi concorre al coordinamento
degli interventi di politica sociale, assumendo le indicazioni di cui
all'art. 28, comma 2, della L.R. 72/1997 ed individuando specificatamente
i programmi e gli interventi educativi che afferiscono ai progetti
integrati di sostegno, atti a garantire risposte globali ai bisogni
rilevati e contenuti nel piano zonale di assistenza sociale ai sensi
dell'art. 11, comma 1, della L.R. 72/1997.
6. Il piano zonale per gli interventi educativi è approvato e trasmesso
alla Giunta Regionale, ai fini di cui all'articolo 6, comma 3, lettera b)
della presente legge, a cura della articolazione territoriale della
Conferenza dei Sindaci di cui all'articolo 12 della L.R. 72/1997, entro i
termini indicati dal Piano regionale di indirizzo per gli interventi
educativi.
7. La Provincia può trasmettere alla Giunta Regionale propri pareri ed
osservazioni nell'ambito delle materie di competenza in merito al piano
zonale per gli interventi educativi.
Art. 9
Finalità degli interventi
1. Gli interventi educativi
sono rivolti all'infanzia e agli adolescenti e sono realizzati con
contenuti e modalità tali da assicurare la massima diversificazione
dell'offerta in relazione ai diritti dei cittadini, l'elasticità
dell'organizzazione e la flessibilità delle risposte per un loro
adeguamento ai diversi bisogni.
2. Le modalità programmatorie ed operative saranno tese alla integrazione
delle politiche rivolte ai cittadini utenti ed all'ottimizzazione dell'uso
delle risorse, secondo i criteri di economicità e qualità degli
interventi.
3. La Regione assume altresì, all'interno degli strumenti della
programmazione, le finalità proprie delle seguenti tipologie di
intervento:
a. servizi educativi per la prima infanzia;
b. servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero, anche nei periodi
di sospensione delle attività didattiche;
c. azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e
dell'adolescenza, per l'esercizio dei diritti civili fondamentali, per il
miglioramento e la fruizione dell'ambiente urbano e naturale da parte dei
minori, per lo sviluppo del benessere e della qualità della vita dei
minori, per la valorizzazione, nel rispetto di ogni diversità, delle
caratteristiche culturali ed etniche.
4. Fermi restando gli obiettivi di cui all'articolo 34 della L.R. 72/1997,
la Regione, al fine di assicurare l'efficacia degli interventi, persegue:
a. la promozione di interventi educativi a partire dai primi anni di vita
che assolvano a compiti di prevenzione rispetto a difficoltà nei percorsi
di crescita dei bambini e dei ragazzi;
b. la valorizzazione in ogni tipologia di intervento di una progettazione
pedagogica che attenga alla dimensione organizzativa, relazionale e
culturale del servizio stesso;
c. l'integrazione e il coordinamento dei diversi interventi sociali,
culturali e formativi;
d. la messa in rete dei servizi e delle opportunità per coordinare le
risorse e per favorirne la fruizione in relazione ai diversi bisogni dei
bambini e delle famiglie;
e. la realizzazione di attività nelle scuola ed in collaborazione con
essa per dare continuità agli interventi educativi nel tempo
dell'extrascuola.
Art.10
Tipologie degli interventi
1. Gli interventi di cui all'articolo 9, comma 1, consistono in:
a. servizi di nido di infanzia, e nuove tipologie organizzative di servizi
educativi complementari al nido;
b. interventi di continuità educativa per il tempo libero rivolti
all'infanzia ed agli adolescenti;
c. ogni altro intervento ritenuto utile per dare risposta a nuovi e
diversi bisogni.
Art. 11
Regolamenti di attuazione
1. Il Consiglio regionale,
entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, approva i
Regolamenti che disciplinano le modalità di rilascio e di revoca
dell'autorizzazione e dell'accreditamento per i servizi di cui agli
articoli 12 e 13, nonché all'art. 15 limitatamente a quelli che si
realizzano in forma residenziale, prevedendo, in particolare, per ciascuna
tipologia di intervento:
a. i requisiti tecnico-strutturali;
b. gli standard minimi di idoneità degli ambienti;
c. i moduli operativi ed organizzativi;
d. i requisiti ed i titoli di studio degli operatori, compresa
l'applicazione del contratto di lavoro relativo alle mansioni svolte;
e. la formazione continua del personale;
f. le modalità di partecipazione delle famiglie utenti all'accesso e alla
gestione dei servizi.
2. I Regolamenti disciplinano altresì i requisiti ulteriori richiesti al
fine dell'accreditamento dei servizi realizzati da parte dei privati,
comprendendovi, per quanto riguarda i servizi di cui all'articolo 12, il
coordinamento tecnico pedagogico.
Art.12
Nido di infanzia
1. Il nido di infanzia,
come servizio educativo e sociale per la prima infanzia aperto a tutti i
bambini di età compresa da tre mesi a tre anni, senza alcuna
discriminazione, ove si assicura, quotidianamente, la realizzazione di
programmi educativi, il gioco, i pasti ed il riposo pomeridiano, concorre
con le famiglie alla crescita, cura, formazione e socializzazione dei
bambini, nella prospettiva del loro benessere psicofisico e dello sviluppo
delle loro potenzialità cognitive, affettive e sociali, nel quadro di una
politica per la prima infanzia e del diritto di ogni soggetto
all'educazione, nel rispetto della propria identità individuale,
culturale e religiosa.
2. Il nido di infanzia consente alle famiglie modalità di cura dei figli
in un contesto esterno a quello familiare attraverso un loro affidamento
quotidiano e continuativo a figure diverse da quelle parentali con
specifica competenza professionale e le sostiene, con particolare
attenzione ai nuclei monoparentali, nella cura dei figli e nelle scelte
educative, anche ai fini di facilitare l'accesso delle donne al lavoro e
per promuovere la conciliazione delle scelte professionali e familiari di
entrambi i genitori in un quadro di pari opportunità tra sessi.
3. In rapporto alle scelte educative e alle condizioni socio professionali
dei genitori e alle esigenze locali, i nidi di infanzia possono prevedere
modalità organizzative e di funzionamento diversificate sia rispetto ai
tempi di apertura dei servizi, nidi a tempo pieno e nidi a tempo parziale,
sia rispetto alla loro ricettività, ferma restando l'elaborazione di
progetti pedagogici specifici in corrispondenza dei diversi moduli
organizzativi. I nidi di infanzia a tempo parziale garantiscono comunque i
servizi di mensa e riposo pomeridiano.
4. A fronte di particolari esigenze sociali ed organizzative possono
essere istituiti nidi di infanzia che prevedano l'accoglienza di un numero
ridotto di bambini, micro nidi, anche quali servizi aggregati ad altri
servizi per l'infanzia già funzionanti. La ricettività minima del micro
nido sarà determinata dal regolamento di cui al precedente articolo 11.
Art.13
Servizi educativi complementari per la prima infanzia
1. I servizi integrativi si configurano come luoghi con caratteristiche
educative, ludiche, culturali e di aggregazione sociale, rivolti ai
bambini, anche insieme ai loro genitori o adulti accompagnatori. Tali
servizi hanno come obiettivo quello di ampliare l'azione dei nidi di
infanzia, garantendo risposte flessibili e differenziate alle esigenze
delle famiglie e dei bambini attraverso soluzioni diversificate sul piano
strutturale e organizzativo.
2. I servizi integrativi possono comprendere:
a. servizi con carattere educativo e ludico, organizzati secondo il
criterio della flessibilità, per bambini da tre mesi a tre anni, con la
presenza di genitori, familiari o adulti accompagnatori che
quotidianamente concorrono, in un contesto che garantisca occasioni di
socialità e di gioco per i bambini e di incontro e comunicazione per gli
adulti in spazi opportunamente attrezzati ed organizzati, alla
realizzazione dei programmi educativi, e condividono opportunità di
scambi sociali ed esperienze significative, sostenute da operatori con
specifiche competenze professionali, in una logica di corresponsabilità
tra adulti genitori ed educatori (centri per bambini e genitori);
b. servizi e progetti educativi e ludici, in cui si possano effettuare
esperienze di socializzazione con i coetanei, rivolti ai bambini in età
compresa tra i diciotto mesi ed i tre anni, affidati ad educatori con
specifiche competenze professionali, per fruizioni temporanee o saltuarie
nella giornata, anche senza la presenza dei genitori, con turni
organizzati secondo criteri di massima flessibilità Tali servizi
garantiscono la disponibilità di un ambito di cura per i bambini,
organizzato ed attrezzato per consentire loro opportunità educative, di
socialità e comunicazione con propri coetanei e si differenziano dai nidi
a tempo parziale in quanto privi di servizi di mensa e di riposo
pomeridiano;
c. servizi educativi e di cura sia presso il domicilio di famiglie con
bambini di età inferiore ai tre anni disponibili ad aggregarsi e a
mettere a disposizione spazi domestici per l'affidamento, in modo stabile
e continuativo, della cura dei figli a educatori con specifiche
caratteristiche professionali appositamente formati a questo scopo
(educatore familiare), sia presso il domicilio degli educatori (educatore
a domicilio), con le stesse caratteristiche di professionalità, nonché
di stabilità e continuità degli interventi, sulla base di standard
strutturali ed organizzativi individuati nel Regolamento di cui al
precedente articolo 11.
Art. 14
Regolamenti comunali
1. Il Comune, nell'ambito
del proprio Regolamento, da adeguarsi a seguito dell'approvazione dei
Regolamenti regionali attuativi della presente legge, determina le
modalità di funzionamento, i criteri di accesso alle diverse tipologie di
servizi e determina le misure a sostegno per l'accesso ai servizi
medesimi, con particolare attenzione ai nuclei mono-parentali, alle
condizioni socio-economiche e professionali dei genitori, nonché ai
bambini portatori di handicap.
Art. 15
Interventi di continuità educativa per il tempo libero rivolti
all'infanzia ed agli adolescenti
1. Gli interventi di
continuità educativa per il tempo libero e nei periodi di sospensione
delle attività scolastiche, rivolti all'infanzia e all'adolescenza, si
concretizzano nella realizzazione di progetti e di attività finalizzati a
promuovere una socializzazione positiva, favorire, attraverso l'uso del
tempo libero, l'acquisizione di strumenti di conoscenza e di
autodeterminazione per la definizione della propria individualità
personale e sociale, la creatività e la partecipazione dei ragazzi e
degli adolescenti alla decisione e alla progettualità.
2. Per detti interventi, al fine di promuovere un sistema formativo
integrato, è opportuno prevedere il supporto di operatori educativi con
specifica competenza professionale, forme di continuità con la scuola pur
nella valorizzazione della specificità delle diverse esperienze,
l'integrazione con iniziative informative e formative rivolte alle
famiglie.
3. Detti interventi debbono essere caratterizzati dal coinvolgimento
attivo della famiglia che si esprime nella partecipazione alle scelte
educative e alla verifica della loro attuazione.
Art. 16
Coordinamento ed integrazione degli interventi
1. I Comuni garantiscono il
coordinamento e l'integrazione della programmazione degli interventi di
cui agli articoli 12, 13, 15 e 19 della presente legge con forme e
modalità che assicurino la loro messa in rete, una accessibilità
ottimale, ed il controllo e la verifica di qualità.
TITOLO IV
NORME FINALI
Art.17
Strutture del demanio regionale
1. Al fine di favorire la
realizzazione di nuovi servizi, la Regione può mettere a disposizione dei
soggetti gestori, nelle forme previste dalla L.R. 16 maggio 1991, n. 20
"Demanio e patrimonio della Regione Toscana", strutture del
proprio demanio con vincolo di destinazione per la durata del servizio.
Art.18
Norma finanziaria
1. Per l'anno 1999 agli
oneri finanziari di cui alla presente legge si fa fronte con la seguente
variazione di bilancio sia per la competenza che per la cassa da apportare
nella parte spesa:
- in diminuzione:
cap. 17060 L. 4.500.000.000 Euro 2.324.056,05
cap. 17070 L. 3.800.000.000 Euro 1.962.536,22
cap. 17080 L. 600.000.000 Euro 309.874,14
cap. 17095 L. 1.500.000.000 Euro 774.685,35
cap. 17330 L. 4.100.000.000 Euro 2.117.473,29
-di nuova istituzione:
cap. 17097 "Interventi educativi per l'infanzia e l'adolescenza.
Gestione ordinaria
(L.R. n. 22/1999) L. 12.400.000.000 Euro 6.404.065,55
cap. 17098" Interventi educativi per l'infanzia e l'adolescenza.
Investimenti
(L.R. n. 22/1999) L. 2.100.000.000 Euro 1.084.559,45
2. Agli oneri finanziari di cui alla presente legge, per gli anni
successivi, si fa fronte con legge di bilancio.
Art. 19
Norme transitorie
1. In attesa della legge
regionale organica sulle politiche rivolte ai giovani, la presente legge e
gli strumenti di programmazione da essa previsti disciplinano interventi
rivolti a favorire:
a. esperienze di autogestione di spazi ed attività, favorendo
l'alternanza studio-lavoro, l'imprenditoria giovanile e la sperimentazione
di lavori innovativi;
b. lo sviluppo e qualificazione della circolazione dell'informazione anche
mediante la creazione di apposite strutture informative collegate in rete;
c. forme di mobilità e di integrazione con i paesi dell'Unione Europea.
2. In sede di prima applicazione della presente legge, entro quattro mesi
dalla sua entrata in vigore, il Consiglio Regionale, su proposta della
Giunta, approva il Piano stralcio per l'anno 1999, contenente:
a. priorità ed obiettivi per l'anno 1999.
b. i criteri per la attribuzione delle risorse alle zone;
3. Il primo Piano regionale triennale di indirizzo per gli interventi
educativi è approvato dal Consiglio regionale entro il 31 dicembre 1999.
4. Il Piano stralcio di cui al comma 2 e il Piano regionale di indirizzo
di cui al comma 3 definiscono le quote spettanti ai Comuni, al fine di
garantire la continuità nei finanziamenti sperimentali triennali in atto,
nella misura prevista dalle relative deliberazioni consiliari.
5. Fino all'entrata in vigore dei regolamenti di cui all'articolo 11 della
presente legge, rimangono validi i regolamenti regionali 25 giugno 1992,
n.3, e 21 febbraio 1995, n.7 , ad esclusione delle disposizioni che siano
incompatibili con la presente legge.
Art. 20
Abrogazioni
1. E' abrogata la L.R. 2
settembre 1986, n. 47, "Nuova disciplina degli asili nido".
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