LA SCUOLA DELL'INFANZIA COME PRIMA SCUOLA DI BASE

 


Il riordino dei cicli è legge e da questa legge occorre partire per sviluppare ragionamenti sulla scuola dell'infanzia.
All'art.2 si sancisce che:
1. La scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione integrale dei bambini.
2. La Repubblica assicura la generalizzazione dell'offerta formativa di cui al comma 1 e garantisce a tutti i bambini e le bambine, in età compresa tra i tre e i sei anni, la possibilità di frequentare la scuola dell'infanzia.
3. La scuola dell'infanzia nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica realizza i necessari collegamenti da un lato con il complesso dei servizi all'infanzia, dall'altro con la scuola di base.
Certo è ben comprensibile che cosa significhi, e non solo per le ricadute sull'attesa che si era creata tra gli insegnanti, il non aver raggiunto il sancire l'obbligatorietà alla frequenza dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia, ma ora è necessario l'impegno di tutti affinché il dettato della legge venga reso operativo.
La legge denomina questo settore scuola dell'infanzia come da molto tempo e da più parti si sollecitava; la inserisce nel sistema di istruzione la delinea di durata triennale assegnandole compiti di educazione di sviluppo affettivo, cognitivo e sociale.
Inoltre si afferma che è una scuola con una propria unitarietà, identità e specificità e con queste caratteristiche peculiari lavora in continuità con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola di base.
Si introduce la sua generalizzazione e la Repubblica deve garantire ai bambini di tre sei anni di non sostare più nelle liste d'attesa.
La nuova legge contiene una serie di affermazioni,che di fatto superano la L.444/68, che ora occorre rendere operative.
Si tratta di lavorare per concretizzare gli aspetti positivi piuttosto che stigmatizzare l'idea di autoesclusione dal riordino dei cicli che purtroppo fa parte dell'immaginario collettivo.

I PUNTI SUI QUALI OCCORRE CONCENTRARE L'ATTENZIONE SONO I SEGUENTI:
Generalizzazione del servizio sul territorio nazionale in modo da non lasciare più i bambini in lista d'attesa:
- occorre, innanzi tutto , procedere ad una rilevazione riguardante lo stato dell'edilizia in quanto la scuola dell'infanzia viene ancora preclusa a un gran numero di bambini per mancanza di locali;
- è necessario, in secondo luogo, avviare un'azione di ampliamento e ammodernamento del patrimonio edilizio esistente per renderlo adeguato, ancora troppe sezioni di scuola materna sono ospitate in locali di fortuna e comunque inadeguati per i bambini;
- è indispensabile aprire un tavolo di lavoro tra Governo ed EE.LL. per garantire tutti quei servizi di supporto all'azione educativa (trasporti, mense, servizi di custodia e pulizia) senza i quali viene pregiudicata non solo la qualità dell'intervento educativo, ma addirittura un regolare funzionamento del servizio scolastico. In molte parti d'Italia gli Enti Locali non garantiscono il servizio mensa o lo garantiscono per un tempo inadeguato e la scuola, in conseguenza di ciò, resta aperta per il solo turno antimeridiano.
Non si tratta però di perseguire una generalizzazione esclusivamente di tipo quantitativo, bensì di pensare a declinare le caratteristiche di una scuola dell'infanzia di qualità, una scuola dell'infanzia che indipendentemente dalla sua caratterizzazione istituzionale, risponda ai diritti educativi e formativi dei bambini di 3-6 anni e risponda alle indicazioni fornite dagli Orientamenti 91.
Le condizioni strutturali ed organizzative rappresentano spesso un grosso limite per la realizzazione di un progetto educativo di qualità. Avere locali idonei, un numero adeguato di docenti in relazione al numero dei bambini, un tempo di funzionamento della scuola rispettoso del loro benessere, compatibile con i tempi di servizio degli insegnanti e con i tempi della loro compresenza, spazi attrezzati per il gioco, servizi di supporto , diventano variabili fortemente condizionanti la qualità che si può offrire.
L'avvio dell'autonomia già consente alle istituzioni scolastiche di adottare soluzioni flessibili sul piano organizzativo e didattico e di meglio rispondere alle esigenze espresse dal territorio, sono però indispensabili nuove risorse per l'introduzione dell'organico funzionale che permetterà di "valorizzare la progettualità delle scuole e la professionalità dei singoli operatori per la migliore realizzazione del piano dell'offerta formativa attraverso un impegno flessibile dei docenti" (C.M. 99/1999)- Linee di sviluppo per la scuola dell'infanzia.
E' in atto, per quanto riguarda l'organico funzionale, una verifica per registrare le modalità di utilizzo in prima applicazione. Appena ci saranno i dati è assolutamente necessario avviare una politica di investimento e distribuzione dei posti che consenta all'organico di essere davvero funzionale al progetto educativo di qualità.
Una scuola dell'infanzia che ha come "cifra" la cura dei bambini non deve temere di essere annoverata tra i servizi assistenziali. Purtroppo la 444/68 su questo aspetto è molto ambigua.
La legge sul riordino dei cicli non lascia dubbi: la scuola dell'infanzia è scuola inserita nel sistema dell'istruzione (art.1 legge 30/200).
Riconoscere il carattere di "vera scuola" non significa sottovalutare o non considerare alcune specificità tipiche della scuola del bambino di 3-6 anni. Il riferimento è alla dimensione dell'accoglienza, del prendersi cura, del sostegno alla relazionalità che costituiscono fattori costitutivi di questo settore scolastico.
Quale scuola dell'infanzia, dunque, per il prossimo futuro ?
Una scuola fortemente impegnata ad introdurre i bambini nel mondo dei saperi codificati e della relazione sociale tenendo strettamente intrecciati aspetti cognitivi e aspetti relazionali.
Quale curricolo allora per la scuola dell'infanzia così collocata nel riordino dei cicli ?
Occorre ribadire che la scuola dell'infanzia può effettivamente, porre le basi della simbolizzazione, perseguire l'acquisizione di competenze interpretative e creative e di capacità di tipo procedurale, favorire la progressiva conquista dell'autonomia, nel quadro di uno sviluppo di tutte le dimensioni della personalità" (come recita la C.M. 98/1999), se vengono rispettate alcune imprescindibili condizioni di marca pedagogica;
- la strutturazione di un contesto educativo all'interno del quale il bambino si senta accolto in tutte le sue dimensioni di sviluppo;
- un approccio alla conoscenza che si fondi e valorizzi l'esperienza del bambino, evitando ogni formalismo anticipatorio;
- il ricorso ai saperi per conferire significato alle molteplici attività che caratterizzano la vita quotidiana della scuola dell'infanzia (C.M.98/1999);
- l'attenzione alla dimensione relazionale del rapporto educativo.
I saperi che servono sono allora quelli che consentono al bambino di crescere secondo i suoi ritmi e che gli permettono di sviluppare gli "alfabeti del vivere del pensare, del comunicare, del riflettere insieme, dell'esprimersi e del rappresentare tramite diversi linguaggi (C.M. 98/1999).
Il curricolo della scuola dell'infanzia non deve dunque essere "inventato" per aggiungere ulteriori materie, discipline, nozioni da apprendere, ma proprio come suggerisce il documento sui saperi, si tratta, ed in particolare per la scuola dell'infanzia, di riconoscere e rileggere il patrimonio che appartiene a questa scuola, sollecitare i docenti a raccontare le pratiche educative del quotidiano, a porre attenzione all'ordinario, a promuovere riflessione sulla quotidianità per trovare supporti alla motivazione ad elaborare, progettare, documentare in termini pedagogici quello che si fa e valutare il lavoro che si fa chiedendosi proprio "perché si è fatto quel che si è fatto".
La scuola dell'infanzia ha un proprio curricolo esplicito che deve essere messo in collegamento con il curricolo della nuova scuola di base, ma ha anche un curricolo che sebbene venga definito negli O91 implicito contiene elementi non secondari dell'azione educativa.
Forse in nessun altro grado scolastico la dimensione organizzativa è stata al centro dell'attenzione dei suoi operatori nel corso di questi anni, come nella scuola dell'infanzia.
D'altro canto, la stessa riflessione teorica ha messo in luce l'importanza che le condizioni dell'educare assumono nel processo di sviluppo delle varie dimensioni della personalità del bambino, soprattutto in questa fascia di età.
La scuola dell'infanzia statale ha conosciuto una storia paradossale sul versante della professionalità dei suoi operatori: da una parte veniva richiesta una formazione iniziale (diploma triennale di scuola magistrale) del tutto inadeguata a interpretare quel profilo di "alta complessità e grande responsabilità" delineato dagli Orientamenti del 1991, dall'altra questa scuola ha espresso competenze professionali di elevato livello, da una parte non vi è stata un'effettiva azione di direzione pedagogica, dall'altra parte questa scuola è riuscita ad elaborare modelli organizzativi e didattici di grande rilevanza formativa.
La prospettiva formativa richiede oggi nuove competenze e responsabilità da parte di docenti e dirigenti, sollecitati a confrontarsi con i problemi posti dalla elaborazione del piano dell'offerta formativa, coerentemente con gli obiettivi generali ed educativi delineati a livello nazionale e tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, come previsto dal Regolamento dell'autonomia.
Il conseguimento del successo formativo, che costituisce lo scopo essenziale del processo di autonomia, delle istituzioni scolastiche, "dipenderà dunque in larga misura dalla presenza di profili professionali di elevata competenza, complessità e responsabilità" (C.M. 98/1999).
Occorrerà inoltre prevedere una particolare azione di supporto formativo sulle problematiche della scuola dell'infanzia rivolta ai dirigenti scolastici, anche in considerazione del fatto che sempre più spesso la scuola dell'infanzia si trova inserita in istituti comprensivi affidati alla direzione di presidi di scuola media senza una adeguata conoscenza di questo grado scolastico. C'è il rischio di una marginalizzazione ancor più accentuata della scuola dell'infanzia.
Per quanto riguarda la professionalità c'è anche il problema della formazione iniziale universitaria.
L'Università ha già cambiato i propri percorsi di studio: di fatto esistono già i percorsi di laurea di durata triennale. Inoltre l'attuale configurazione del sistema scolastico dato dal riordino dei cicli lascia intendere che l'attuale corso di laurea in scienze della formazione primaria appena partito già non è più utile se visto così configurato.
Si tratta di capire come configurare da un punto di vista strutturale il percorso di formazione iniziale, per insegnanti di scuola dell'infanzia, come collegarlo attraverso crediti al corso di laurea per la nuova scuola di base e soprattutto da quali contenuti e piani di studi connotarlo.
E' però assolutamente indispensabile, al fine di realizzare quanto scritto nella legge 30/2000 che seguano "Fatti non parole" per dimostrare e sentire che la scuola dell'infanzia è, a pieno titolo, dentro al sistema formativo e di istruzione del nostro paese e ne costituisce la base fondativa.
In altre parole, la scuola dell'infanzia ha bisogno di acquisire maggiore visibilità agli occhi dell'opinione pubblica e di far meglio conoscere il proprio patrimonio pedagogico, le pratiche didattiche e le forme di funzionamento. Vi sono infatti numerosi aspetti, tipici della tradizione della scuola dell'infanzia, che- come sottolinea la C.M. 98/1999- risultano coerenti con le prospettive di riforma e che anzi possono costituire un utile punto di riferimento anche per gli altri gradi scolastici. In particolare occorre rendere visibile l'attenzione riservata alla dimensione relazionale, al coinvolgimento delle famiglie, all'organizzazione flessibile di spazi e tempi, alla peculiare attenzione all'accoglienza, all'articolazione di percorsi didattici basati sull'attivo coinvolgimento dei bambini.

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