La nozione di equivalenza delle mansioni nel pubblico impiego. Fattispecie in materia di lavoro dei Vigili Urbani

(Avv. Luigi Renna)

 

Si segnala all'attenzione degli addetti ai lavori una interessante ordinanza del Tribunale di Lecce (il testo segue questa introduzione e l'esposizione analitica del caso) che ha esaminato in modo compiuto ed esauriente (anche dal punto di vista della ricostruzione storica della normativa di riferimento) una ipotesi di spostamento di un maresciallo dei vigili urbani, già addetto a compiti di Responsabilità del Corpo dei VVUU, prima, poi di coordinamento e direzione del Nucleo Operativo e dopo ancora di coordinamento dell'Ufficio Verbali a compiti di vigilanza del settore Edilizia, in compagnia di un vigile di grado inferiore.

Il Maresciallo nel suo ricorso al tribunale ha sostenuto di essere stato discriminato per motivi politici e sindacali; ma questo problema della discriminazione non ci interessa; quello che adesso interessa mettere in evidenza è che nel pubblico impiego, nonostante la dizione ampia e omnicomprensiva della fungibilità delle mansioni purchè ascritte ed ascrivibili alla stessa categoria di appartenenza, va sempre fatto un giudizio di equivalenza delle mansioni, secondo i principi in generali fissati dai Giudici della Legittimità, equivalenza intesa come rispetto della professionalità acquisita, come necessità che il datore sfrutti le cognizioni acquisite e le potenzialità di svolgere compiti sempre più qualificati.

Generalmente la p.a. strumentalmente è portata a utilizzare in modo indiscriminato questa nozione di fungibilità adottata dal legislatore della riforma; questo può portare, come sembra che sia avvenuto nel caso di specie, ad abusi.

La nozione di equivalenza delle mansioni "purchè ascritte ed ascrivibili" alla medesima categoria di appartenenza va letta avendo riguardo ai principi generali affermatisi in materia di ius variandi. Come dire, la professionalità non deve essere letta solo in funzione statica, ma anche in funzione dinamica, visto che, ci insegna la Corte di Cassazione, il lavoro non è merce, serve alla elevazione morale, professionale ed economica del lavoratore. Se il lavoro non è merce e se, senza esasperare il concetto di immanenza, si tratta della persona, bisogna rispettarla, il che significa che bisogna assecondare il percorso evolutivo professionale.

La peculiarità della ordinanza in rassegna, oltre che per il rigore della ricostruzione storica, si segnala anche perché affronta, per la prima volta a quanto consti, la delicata questione del diritto del maresciallo dei vigili urbani, ascritto alla categoria C) all'attribuzione della categoria D); per la verità tale questione sta sullo sfondo ed è oggetto di altro ricorso del maresciallo al Giudice del Lavoro.

Secondo lo schema consueto che il sottoscritto autore della presente introduzione adotta, la specificazione delle questioni di diritto e della fattispecie in fatto, necessaria per la comprensione della fattispecie, risulta dagli atti di causa.(Avv. Luigi Renna)

 

ESPOSIZIONE DEI FATTI

a) com'è noto, con le ultime consultazioni elettorali amministrative, il Comune

di G. ha visto cambiato radicalmente il proprio quadro politico ed amministrativo; si

è, infatti, insediata una maggioranza di centro destra che è succeduta alla

precedente, di segno contrario;

b) la nuova amministrazione, nello scorcio dell'anno che si è appena chiuso, ha

posto mano ad una profonda ristrutturazione dei servizi e degli uffici, in linea col

patto stretto con i propri elettori e per riparare ai danni che avrebbe procurato, a

suo dire, la passata amministrazione, come più volte ribadito dagli amministratori

pubblici, anche mediante dichiarazioni rese alla stampa locale (ved. Alleg. in atti) ed

anche con l'esplicita ammissione dello stesso Sindaco in più circostanze (per un

esame dettagliato di queste circostanze si rinvia a quanto si dirà appresso in tema

di fumus boni juris;

c) i momenti di questa ristrutturazione degli uffici e dei servizi, cui ha fatto

seguito, come logica conseguenza, un'intensa mobilità interna del personale, al di

fuori di ogni criterio obiettivo e predeterminato, si possono individuare mediante il

riscontro della allegata produzione. Si tratta dei ricorsi promossi da alcuni

dipendenti personalmente (omissis) e dal sindacato Funzione Pubblica CGIL, che

sono stati accolti dal Tribunale di Lecce, il quale, in particolare con l'ordinanza della

Dott.ssa Colluto, ha riscontrato l'esistenza di una volontà di demansionamento ed

emarginazione degli impiegati considerati dagli attuali amministratori molto vicini

agli esponenti della passata amministrazione;

d) in questo contesto generale si inserisce la vicenda personale del sig. C.G.,

anche lui ritenuto molto vicino all'avv. F. F., ex Sindaco del Comune di G., e come

tale, perciò, da "punire";

e) in estrema sintesi va detto che il ricorrente C.G. al momento del cambio di

amministrazione (01/06/2001) è Maresciallo di Polizia Municipale, inquadrato nella

ex sesta qualifica funzionale, attuale Ctg. C, con il compito di Coordinatore del

Nucleo Operativo. I nuovi amministratori smantellano il Nucleo Operativo e

dispongono l'assegnazione dell'istante all'Ufficio Verbali, con il compito di

coordinare tre unità lavorative, e precisamente un operatore di Polizia Municipale

(sig. F. T.) e due impiegati civili.

L'attività di oscuramento e demansionamento del C. si completa nel corso

dello scorso mese di novembre; infatti con nota del 14/11/02 del Responsabile del

Corpo di P.M. G. P. le funzioni di Resposanbile del Procedimento, con facoltà di firma

autonoma, già in testa al Ten. B. C., vengono assegnate all'operatore di Polizia

Municipale F. T. (in sottordine all'istante, come già precisato), "nell'attesa che il

sottufficiale M.llo C. acquisisca tutta l'esperienza e la capacità gestionale che

necessita per detti servizi" (come si legge testualmente nella predetta nota del

14/11/02).

Sta di fatto che l'istante non avrà modo di maturare .....alcuna esperienza dal

momento che con la successiva nota 26/11/02 del medesimo Responsabile P. il

ricorrente viene assegnato alla Vigilanza Ambientale ed Edilizia, insieme

all'operatore G. D. S. ed al maresciallo A. B., al quale ultimo, in virtù della sua

maggiore anzianità, viene affidato il compito di coordinamento;

f) se questo è il percorso a ritroso compiuto dall'istante in estrema sintesi,

nel dettaglio è necessario tenere presente quanto segue:

f1) sino alla predetta data del 1/6/01 il Corpo dei Vigili Urbani del Comune di

G. era diviso in due grandi aree, sotto la direzione di un unico Vicecomandante,

comandante essendo, secondo l'ordinamento locale, un dirigente (nella specie, ed

all'epoca, il rag. A. A.),

 

VIABILITA' con 16 agenti, coordinatore il Ten. B. C.

 

NUCLEO OPERATIVO con 6 addetti, coordinatore l'istante

 

f2) dopo questa data, nell'ambito della più generale ristrutturazione dei

servizi e degli uffici, anche finalizzata alla mobilità interna di cui in premessa, il

Corpo dei Vigili Urgani viene collocato nell'area DUE, e questa in

due UNITA' OPERATIVE

U.O. N. 14 POLIZIA COMUNALE

U.O. N. 15 POLIZIA AMMINISTRATIVA

a capo di ciascuno vi era un V. COMANDANTE sotto gli ordini di un DIRIGENTE

Segretario Generale)

 

f3) il Nucleo Operativo viene soppresso;

 

f4) per un breve periodo l'istante viene addetto al servizio Viabilità;

 

f5) dal febbraio 2002 al settembre 2002 l'istante è in malattia;

 

f6) il 14/11/02 il C. viene addetto all'Ufficio verbali e poi il 26/11 al servizio

Vigilanza Ambientale ed Edilizia, agli ordini del suo collega Mar. B.;

 

f7) alla data del 1/6/01 l'istante è inquadrato come Impiegato di Categoria C,

livello economico C2, ex Sesta Qualifica Funzionale;

 

f8) il curriculum del C. è il seguente

 

CURRICULUM PROFESSIONALE

- Assunto il 16.5.1976 con la qualifica di Vigile Urbano ;

 

- Collaborazione con il Sanitario del Servizio Igiene Pubblica del Comune di G. nella stagione estiva

86:

 

- 1.6.87 Affidamento incarico Ispettore D'lgiene, con delib. dell'U.S.L. LE/13 n. 686 del 28.5.87;

 

- Assegnazione di compiti nell'assistenza del personale sanitario dell'U.S.L. con delib. n.305 del

31.12.87;

 

- 27.10.95 Coordinatore di attività di Polizia Comunale in sostituzione del Comandante F.F. T. A.,

assente per fruizione di congedo ordinario e recupero vari;

 

- 28.09. al 21.10.96 affidamento di funzioni di coordinamento di attività di polizia locale ( nota

prot. n. 25046 del 28.09.96);

 

- 16.04.97 all'8.5.97 " affidamento funzioni di coordinamento di attività di Polizia Locale ( nota

prot.n. 8704 del 14.4.97);

 

- Responsabile Ufficio di Polizia Urbana in assenza o impedimento del V. Comandante (ordinanza

sindacale n.31 del 19.3.98);

 

- Attribuzione mansioni superiori per mesi otto (determinazioni dirigenziali n.ri 86 ,110 e 16 del

20.7.98, 30.9.98 e 4.2.99);

 

- 1.6.99 concorso interno per 1'attribuzione della qualifica di Maresciallo;

 

- Coordinatore della P.M e Consulenza di collaborazione professionale per la gestione delle

attività e pratiche di competenza del settore commercio presso il Comune di A. dal 25.10.99 al

24.3.2000 (delib. G.M. n. 236 del 20.10.99);

 

- Responsabile del Nucleo Operativo dal 99 all'1.6.2001;

Partecipazione a:

 

- Corso Regionale previsto dalla Legge n. 65/87, art.6;

 

- Corso di Lingua Tedesca;

 

- Incontro di Studio sul Nuovo Codice della Strada;

 

- Corso di aggiornamento sui temi: Primo soccorso al paziente traumatizzato della

strada, Commercio e Polizia Amministrativa e Codice della Strada;

 

- Seminario di Studi- Convegno " L'Attività di Vigilanza Igienico Sanitaria del CPP";

 

- Incontro di Studio sul tema : Norme di materia di commercio su aree pubbliche;

TITOLI

- Diploma di Maturità D'Arte Applicata;

NOTE DI MERITO

- Nota dell' 1.5.88 rilasciata dal Responsabile del Servizio Igiene Pubblica, Dr. E. F.. con la quale di

attesta che il sottoscritto ha svolto le mansioni proprie presso il Servizio Igiene Pubblica, con

capacità e zelo, in tutti gli interventi istituzionali di vigilanza ed ispettivi di controllo;

 

- nota dell'Assessore Alessandro MAGNI. prot. n. 18405 del 22.7.98 di "ringraziamento per la

splendida collaborazione prestata a questa Amministrazione per 1'organizzazione della Viabilità

durante il concerto della Cantante Irene GRANDI";

 

- nota prot. n. 8653 del 9.4.98 del Sindaco Avv. F. F. per il lavoro eccellente svolto nella giornata

8.4.98 con la collaborazione dei Carabinieri;

 

- nota prot. n. 22504 del 30.9.98 con la quale il Sindaco Avv. F. F. " porge un encomio per il lavoro

svolto durante la stagione estiva 98, piena di numerose manifestazioni importanti e per tutte le

attività portate a buon fine, nonostante le oggettive difficoltà di organico e di mezzi";

 

- nota del 7.9.2000 del Presidente F. C.' di ringraziamento per la collaborazione e il lavoro eccellente

svolto durante la 29^ edizione del Premio Barocco.

 

SUL FUMUS BONI JURIS

La condotta posta in essere dal Comune di G. è illegittima e gravemente lesiva

della dignità umana e professionale dell'istante. Quanto innanzi risulterà evidente

se si tiene presente quanto segue:

1) DEMANSIONAMENTO E DEQUALIFICAZIONE

L'aver ricostruito le tappe del percorso professionale del sig. C. consente di

individuare oltre ogni ragionevole dubbio la illegittimità del comportamento

aziendale.

Enucleando i momenti più significativi della carriera dell'istante, dall'insieme

delle cose dette nella narrativa in fatto e soprattutto nel curriculum, si ha il

seguente quadro:

27.10.95 Coordinatore del Corpo di Polizia Comunale

 

28.09.96 - 21.10.96 Coordinatore del Corpo di Polizia Comunale

 

16.04.97 - 8.5.97 Coordinatore del Corpo di Polizia Comunale

 

19.3.98 Responsabile Ufficio di Polizia Urbana

 

20.7.98

30.9.98 Attribuzione mansioni superiori per 8 mesi

4.2.99

 

1.6.99 superamento concorso interno per la

attribuzione della qualifica di Maresciallo

 

 

25.10.99 - 24.3.00 Coordinatore della P.M e Consulenza di

collaborazione professionale per la

gestione delle attività e pratiche di

competenza del settore commercio presso

il Comune di A.

 

dal 99 all'1.6.2001 Responsabile del Nucleo Operativo

 

In buona sostanza l'istante, a decorrere dalla fine del 1995 e sino al momento

in cui non si insedia la nuova maggioranza, ha sempre svolto un ruolo di spicco nel

Corpo dei Vigili Urbani del Comune di G. e del Comune limitrofo di A.; addirittura

per lungo tempo ne è stato il Responsabile Unico.

Non si ritiene di dover spendere molte parole per mettere in evidenza come il

ruolo di Responsabile Unico di un Corpo dei Vigili Urbani di circa venti unità, o quello

di Coordinamento del Nucleo Operativo (con il compito di disimpegnare tutti i

compiti di polizia municipale, ad esclusione della viabilità, e precisamente quei

compiti che risultano dagli allegati prospetti riepilogativi dell'attività svolta)

implichino in sè (e contribuiscano ad accrescere, a seguito del loro svolgimento) il

possesso di una professionalità superiore a quella dei propri colleghi di pari grado.

Occorre tenere presente che l'aver irrigidito in poche categorie le

multiformi mansioni che possono essere svolte dal moderno e nuovo impiegato

pubblico privatizzato non vale a sfumare i contorni e gli attributi specifici della

singola persona, a rendere evanescente non solo quello che il singolo ha imparato a

fare ma anche come il singolo sa fare (per destreggiarsi davanti alle novità).

L'equivalenza delle mansioni ascritte o ascrivibili (per usare le stesse

espressioni usate dal legislatore) alla medesima categoria va letta in funzione

statica, se vista dalla prospettiva della pubblica amministrazione (fungibilità

dell'impiego del personale, rigido contenimento della progressione di carriera

dentro i vincoli formali, e così via), ma va letta in funzione dinamica se vista dalla

prospettiva del singolo impiegato; questi è e rimane innanzi tutto una persona, punto

di convergenza di innumerevoli tratti ed attributi. L'impiegato pubblico riformato

ha gli stessi diritti (e naturalmente gli stessi doveri) del lavoratore subordinato

privato tout court a seguito dello sganciamento da ogni principio di autorità, dal

rapporto gerarchico e dalla immedesimazione organica.

Questo implica di necessità che il principio della equivalenza delle mansioni

affermato dal legislatore della riforma deve confrontarsi con le acquisizioni più

moderne della dottrina e della giurisprudenza in questa materia più in generale; la

riscoperta e/o la valorizzazione del lavoratore subordinato come persona, oltre che

come fattore impiegato nella produzione, hanno consentito di arricchire di nuovi

attributi la persona (si vuol far riferimento alle nuove frontiere in tema di danno

biologico ed esistenziale, tanto per fare un esempio) e ritenere che il principio della

equivalenza delle mansioni vada correttamente inteso come necessità che il

lavoratore sia impiegato in mansioni che gli consentano di esplicare la propria

personalità (id est la propria professionalità) al massimo grado delle sue

potenzialità.

Un datore di lavoro accorto e responsabile non può, e neanche deve, essere

indifferente al vantaggio che torna a sè dalla applicazione di questa teoria; quando

si fa un investimento e si valorizza il proprio personale si ha a disposizione

professionalità, competenza, stimoli e motivazioni che si risolvono in un risparmio.

Nel caso di specie non ci troviamo di fronte ad un datore accorto,

responsabile, imparziale, ma di fronte ad un datore che pur di mortificare ed

umiliare un "quadro", ritenuto non allineato alle proprie idee, per spirito di

rappresaglia nei confronti di una professionalità, rea di essersi "formata" sotto la

vigenza di altra compagine amministrativa, non esita ad esporsi alle gravi

conseguenze che possono derivare da un contenzioso come questo che ci occupa,

dilapidando risorse pubbliche per soddisfare intendimenti e bisogni non razionali,

non oggettivi.

Il datore di lavoro pubblico ha doveri maggiori di un qualsiasi datore privato,

in ragione della peculiarità del "prodotto finale" (soddisfacimento di fini pubblici)

che si ottiene con l'organizzazione dei beni e servizi "aziendali"; la individuazione

del limite della correttezza e della buona fede (cioè della congruità causale

dell'atto rispetto al fine) è molto più semplice: e nel presente caso questo limite è

stato abbondantemente superato.

Il disegno discriminatorio è unitario; basti por mente a qualche particolare di

non secondaria importanza:

a) come si insedia la nuova maggioranza viene smantellato il Nucleo

Operativo; di conseguenza il C. viene privato delle funzioni di coordinamento ed

assegnato ai servizi della viabilità;

b) a questo servizio rimane sino al 14/11/02, dopo un lungo intervallo di

malattia (per intervento chirurgico), dal febbraio al settembre '02;

c) con nota del 29/11/01, prot. N. 8538, il sig. C.G. viene assegnato all'Ufficio

verbali, con funzioni di coordinamento del personale addetto;

d) con la nota 14 novembre 2002, prot. N.8138, si scrive testualmente:

"A seguito della dislocazione dell'Ufficio Verbali presso la sede di Via Alfieri

si rende necessario sollevare dall'incarico e dalla firma di Responsabile del

procedimento il Ten. C. e nominare a tale incombenza altro personale dipendente,

con acquisite capacità operative nel ramo.

Per tale motivo, preso atto dell'acquisita capacità professionale fatta propria

dall'Opereatore di P.M. T. F. e nell'attesa (sic!) che il sottufficiale M.llo C. acquisica

tutta l'esperienza e la capacità gestionale che necessita per detti servizi,....nomino

il sunnominato operatore di P.M. T. F.,Responsabile....."-.

Qualche breve osservazione:

I - all'ufficio verbali sono assegnati:

1 sottufficiale, Mar. C.G. con compiti di coordinamento;

1 operatore, F. T.

2 impiegati comunali civili.

La responsabilità del procedimento è di pertinenza del Ten. B. C.

II - Si ravvisa la necessità di sottrarre al Ten. C. tale responsabilità e la si

assegna, contro ogni logica ed in spregio a ogni principio di meritocrazia, ad un

operatore senza alcuna esperienza, a fronte della esistenza nello stesso ufficio di

un "quadro" graduato (il C. ha vinto un concorso per Maresciallo), per molto tempo

unico responsabile del corpo dei vigili urbani di G., da circa sette anni in ogni caso

sempre con compiti di coordinamento, del quale si nega ogni capacità professionale.

Lasciamo al sig. Giudicante ogni valutazione;

e) con la nota 26/11/02, prot. N.8440, invece, dopo che al C. è stata

sottratta la funzione di coordinamento dell'ufficio verbali, viene trasferito alla

Sezione Edilizia e Ambiente; il coordinamento di questa attività viene assegnata al

Mar. A. B., in ragione della sua maggiore anzianità di servizio.

Anche in questo caso non può che rilevarsi la incongruità della decisione di

impedire ad ogni costo al Mar. C. l'esplicazione dell'attività lavorativa

coerentemente con le sue acquisite e riconosciute capacità di direzione e

coordinamento.

In definitiva si è voluto impedire al Mar. C. di avere quella "visibilità" che si è

conquistata in anni di duro lavoro.

Il quadro poi è completo se si considera ancora quanto segue:

in virtù delle vigenti disposizioni di legge ed in virtù dell'art. 29 del ccnl

14/9/00 (cosidette code contrattuali) (ved. il testo più avanti) il ricorrente ha

diritto ad essere inquadrato nella categoria superiore D ed il Comune resistente sta

opponendo un netto rifiuto ad adeguare la propria condotta al dispositivo della

legge e del contratto, tanto che l'istante si vede costretto ad affrontare un altro

giudizio per conseguire il risultato che gli spetta;

premessa la seguente normativa

CCNL 31 marzo 1999

Art. 7. Norma di inquadramento del personale in servizio nel nuovo

sistema di classificazione. -...

5. A seguito della riclassificazione del personale dell'area di vigilanza di cui al

comma 4, gli enti adottano tutte Ie misure atte a dare adeguata valorizzazione alle

posizioni di coordinamento e controllo collocate nella ex 6" qualifica funzionale

della medesima area a seguito di procedure concorsuali.

 

CCNL 1 APRILE 1999

Art. 24 Norma di rinvio. -...

2. Le parti si impegnano altresì a negoziare,, a partire dal mese successive alla

data di stipulazione del presente CCNL ed entro il 30 aprile 1999, la

regolamentazione dei seguenti istituti:

e) le problematiche del personale dell'area di vigilanza addetto a compiti di

responsabilità di servizio e di coordinamento e controllo collocato nella ex VI

qualifica funzionale anteriormente alla vigenza del D.P.R. n. 268 del 1987 ovvero

anche successivamente, a seguito di procedure concorsuali per il conferimento

delle specifiche funzioni gerarchiche, fermo restando quanta previsto nell'art. 7,

comma 5, del CCNL del 31 mar-7.0 1999;

 

CCNL 14 settembre 2000 (code contrattuali).

Art. 29. Disposizioni speciali per il personale dell'area di vigilanza con

particolari responsabilità. - 1. In attuazione dell'art. 24, comma B, lett. E) del CCNL

dell'1.4.1999, e in sede di prima applicazione dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999, Ie

parti convengono di assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio

alla categoria D, posizione economica D 1, del personale dell'area di vigilanza

dell'ex 6° q.f., nelle seguenti ipotesi:

9. personale al quale, con atti formali da parte dell'amministrazione

d'appartenenza, siano state attribuite funzioni di responsabile del servizio

complessivo dell'intera area di vigilanza;

b) personale addetto all'esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di

operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato, a seguito di procedure

concorsuali, nella ex sesta qualifica funzionale su posti istituiti che prevedessero

1'esercizio di tali funzioni anteriormente all'entrata in vigore del D.P.R. n. 268/1987;

c) personale addetto all'esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo

di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato nella ex sesta

qualifica funzionale, a seguito di procedure concorsuali, su posti, istituiti,

successivamente al D.P.R. n. 268/1987 che prevedessero formalmente l'esercizio

delle predette funzioni, non in applicazione dell'art. 21, comma 6, D.P.R. n.

268/1987 stesso, i cui titolari sono esclusi dall'applicazione delle disposizioni del

presente articolo.

2. La disciplina di cui al comma 1 trova applicazione solo negli enti la cui dotazione

organica complessiva già preveda anche in altre aree, diverse da quella di vigilanza,

posti inquadrati in categoria D.

3. In applicazione del disposto del comma 1, lettere a) e b), nell'ambito della

programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti istituiscono in dotazione

organica i corrispondenti posti di categoria D, provvedendo alla copertura finanziaria,

anche ai sensi dell'art. 15, comma 5, del CCNL dell'1.4.1999.

4. In applicazione del disposto del comma 1, lett. C), nel rispetto delle

previsioni della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti

prevedono in dotazione organica il numero di posti di specialisti di vigilanza, di

categoria D, necessari, una volta effettuata la preventiva verifica circa lo

svolgimento d'effettive funzioni di coordinamento e controllo di altri operatori

di pari qualifica o di quella inferiore, il cui numero sarà da definirsi in sede di

concertazione, sulla base della realtà organizzativa di ciascun ente, in

conseguenza della verifica effettuata. La copertura finanziaria relativa ,potrà

avvenire anche ai sensi dell'art. 15, comma 5, CCNL dell'1.4.1999.

5. Il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi del comma 1, lett. A) e

b) avviene, previa verifica selettiva dei requisiti richiesti, di cui ai punti a) e b) entro il

termine di due mesi dalla data di sottoscrizione del presente CCNL.

6. Il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi del comma 1,

lett. C), avviene sulla base di selezioni mediante valutazioni di titoli culturali,

professionali e di servizio; gli enti individuano i criteri per lo svolgimento delle

procedure selettive, attivando le procedure di concertazione previste dall'art. 8

del CCNL dell'1.4.1999.

7. A seguito del passaggio nella categoria D, al personale di cui al comma 1, lett. A)

viene conseguentemente attribuito il profilo specifico, già previsto o da istituire, di

"responsabile dei servizi di polizia municipale e locale", con contenuti coerenti con la

declaratoria della stessa categoria D. Al personale di cui alle lett. B) e c) viene

conseguentemente attribuito indicativamente il profilo di "specialista di

vigilanza", con contenuti e mansioni, assorbenti anche le funzioni di base

dell'area di vigilanza, indicate nel mansionario allegato sub A al presente

contratto, continuando cioè a svolgere anche le funzioni attualmente assegnate.

8. Negli enti la cui dotazione organica complessiva non preveda posti di categoria D, al

fine di valorizzare le posizioni di cui al comma 1, ove non sia stata istituita una

posizione organizzativa in base alla disciplina prevista dall'art. 11 del CCNL del

31.3.1999, la contrattazione integrativa decentrata remunera le relative responsabilità

utilizzando le risorse con un compenso, riassorbibile a seguito di eventuali passaggi di

categoria, non superiore alla differenza tra il trattamento economico di categoria in

godimento, comprensivo della eventuale posizione economica fruita all'interno della

progressione economica orizzontale, ed il trattamento abellare iniziale della categoria

superiore, provvedendo alla copertura dei relativi oneri con le risorse previste dall'art.

15 del CCNL dell'1.4.1999, anche attivando le iniziative correlate alla disciplina del

comma 5 dello stesso articolo. Tale trattamento cessa di essere corrisposto a seguito

dell'inquadramento del personale di categoria D e le relative risorse rientrano nella

disponibilità di cui all'art. 15 CCNL dell'1.4.1999.

9. La disciplina del presente articolo ha carattere di specialità e di

eccezionalità, ivi compreso il nuovo profilo professionale, e può essere applicata

soltanto nei limiti e con riferimento al personale indicato nel comma 1.

 

SPECIALISTA DI VIGILANZA DELLA POLIZIA

MUNICIPALE E LOCALE

(profilo professionale indicativo)

Possiede buone conoscenze plurispecialistiche ed un grado d'esperienza pluriennale, con frequente

necessità d'aggiornamento, svolge attività con contenuto tecnico, gestionale, con responsabilità di

risultati relativi a diversi processi produttivi/amministrativi, attività che possono essere caratterizzate da

elevata complessità dei problemi da affrontare basata su modelli teorici non immediatamente utilizzabili

ed ampiezza delle soluzioni possibili, comportanti relazioni organizzative interne di natura negoziale,

gestite anche tra unita organizzative diverse da quella d'appartenenza, relazioni esterne (con altre

istituzioni) di tipo diretto, anche con rappresentanza istituzionale e relazioni con gli utenti di natura

diretta, e negoziale.

Coordina dipendenti della categoria inferiore nella programmazione gestionale delle attività, curando

la disciplina e l'impiego tecnico/operativo del personale e fornendo istruzioni nelle aree operative di

competenza, s'occupa dell'istruttoria formale delle pratiche e provvedimenti specifici di un certo livello di

complessità, elabora dati e programmi nelle materie di competenza.

Svolge inoltre attività di vigilanza nei settori di competenza della Polizia Municipale e locale,

utilizzando anche strumenti complessi e segnalando ai competenti uffici eventuali situazioni rilevanti, può

compiere tutti gli atti previsti dalle funzioni ricoperte ed anche quelle di base dell'area di vigilanza;

conduce tutti i mezzi in dotazione, come gli altri appartenenti alla Polizia Municipale e locale.

premesso quanto innanzi

Risulta evidente come l'amministrazione Comunale di G. sia stia ponendo in

controtendenza rispetto alla evoluzione normativa e contrattuale al solo ed unico scopo di

mortificare ed umiliare l'istante

 

Il legislatore e le parti contraenti, per quanto riguarda gli addetti alla Polizia

Municipale, hanno fatto una scelta di fondo, volta da un lato al passaggio di tutti gli operatori nella Categoria C

dall'altro al passaggio alla Categoria D di tutti quegli operatori che abbiano svolto in passato effettivi compiti di coordinamento.

 

E' certo che l'istante abbia svolto compiti di coordinamento, non solo, ma

come si è visto, è stato per molto tempo responsabile unico dell'Ufficio di Polizia

Municipale del Comune di G..

Stabilirà il competente Magistrato se al C. spetti o meno la Categoria C, sulla

base del possesso (per noi in questo momento pacifico) dei requisiti voluti dalle

parti; quello che qui importa mettere nella giusta evidenza che un soggetto

altamente qualificato, che ha svolto nel passato compiti di direzione unica del Corpo

e che sino al 4/6/01 era responsabile del Nucleo Operativo (ufficio importante per

la molteplicità, importanza e delicatezza dei compiti svolti - ved. prospetti allegati),

sia stato via via isolato ed oscurato sino a relegarlo a compiti meramente esecutivi,

di solito assegnati alle reclute che devono imparare il mestiere.

2) VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 4 L.604/66 E 15 L.300/70 e

successive modificazioni

L'istante è stato discriminato a causa della sua appartenenza al sindacato F.P.

CGIL ed a causa della sua affiliazione politica; un grave demansionamento è stato

posto in essere condizionato dallo status personale dell'istante, rinvenibile in una

delle situazioni previste dalla normativa di cui si è denunciata la violazione,

direttamente ricollegabili a precetti imperativi costituzionalmente garantiti.

Del resto il carattere discriminatorio della condotta complessiva del Comune

di G., all'interno della quale si inscrive la condotta per cui è questa causa, è stato

esplicitamente ammesso dallo stesso sindaco e precisamente:

in occasione di un colloquio con omissis (che sollevava seri dubbi sulla

correttezza e legittimità dell'azione amministrativa ed anzi ne metteva in luce la

natura profondamente antisindacale e discriminatoria), il Sindaco replicava

affermando che prima di tutto veniva la politica poi la gestione; che quindi dovevano

essere adottati prima i provvedimenti che lasciassero il segno che le cose erano

cambiate, nel senso che era cambiata maggioranza e dovevano effettuarsi gli

spostamenti conseguenti al mutato quadro politico. In fondo è questo il senso

generale dell'intervista rilasciata dal Sindaco al Quotidiano di Lecce, allegato in

atti;

in occasione di un colloquio tra il Geom. omissis, iscritto pure alla F.P.CGIL ed

il Sindaco, nel corso del quale il P. si lamentava del trattamento ricevuto e

correttamente anticipava che non intendeva subire supinamente il trasferimento ed

il demansionamento, il Sindaco replicava che adesso bisognava che mettesse i suoi

uomini nel posto occupato prima dagli uomini di F. (Sindaco uscente, della coalizione

di centro sinistra);

nel caso della Dott.ssa omissis (anch'essa iscritta alla FP CGIL); non appena in

possesso della circolare del 22 gennaio 02 del Direttore Generale concernente le

modalità da seguire nell'attuazione del nuovo assetto organizzativo, la signora R.

indirizzava al Sindaco una nota nella quale esprimeva, civilmente ma con convinzione,

furti dubbi sulla bontà del nuovo assetto; a conforto della serietà e pregnanza delle

lamentele, soprattutto rivolte a mettere in evidenza i riflessi che la nuova

organizzazione aveva sulla sua posizione professionale, si estrapolano i seguenti

passi:

<<E' l'ultimo atto di tutta una serie di provvedimenti organizzativi che mi ha lasciato

e mi lascia perplessa per quanto riguarda gli uffici ed i servizi che mi riguardano,

non volendo entrare nel merito di settori che non mi competono. Motivi di

correttezza relazionale e rapporti di dignità professionale mi spingono ad

esprimere alcune considerazioni, che non posso mio malgrado sottacere e che

riguardano seri dubbi sull'efficienza e sul "miglioramento" degli uffici a me preposti

sia sulla mia dignità professionale che sento calpestata.

L'unità operativa di cui mi viene affidata la responsabilità "Affari istituzionali e

Generali" comprende, come si legge nella descrizione contenuta nella relazione del

Direttore Generale le seguenti attività: supporto agli organi politici - Giunta -

Consiglio - Gruppi Consiliari - Commissioni Consiliari - Protocollo - Servizi Messi -

Portineria - Centralino e servizio pulizia degli uffici.

La maggior parte di tali attività non comportano attività direzionali rientrando nelle

mansioni della categorie C, B e A.>>

..........

<<Non si è assolutamente tenuto conto delle conoscenze e specializzazioni

professionali che ho acquisito in 23 anni di servizio, quasi tutti nell'Ufficio

Segreteria, occupandomi oltre che dei servizi istituzionali anche degli altri settori

del dipartimento tra l'altro per molti anni privo di Ufficio Legale, curando in

particolar modo l'aspetto giuridico - amministrativo del personale e delle relazioni

sindacali, avvalendomi del personale assegnato in Segreteria (in particolare del sig.

Rocco Oliveti che ha curato le pratiche delle ferie, congedi ordinari e straordinari,

equo indennizzo, relazioni sindacali, infortuni sul lavoro ecc.>>

........

<<....Ad ulteriore conferma della delegittimazione della mia professionalità si

aggiunge la mia allocazione programmata nel locale destinato a tutta la Segreteria.

Mi si priva di un ufficio singolo e mi si colloca con altri impiegati e, cosa peggiore,

insieme all'Ufficio Protocollo, con il via vai del pubblico che comporta, segno

evidente che non si rispetta né la qualità del lavoro intellettuale che mi compete, né

la dignità professionale che verrà pregiudicata dall'immagine poco decorosa di un

declassamento in uno spazio che, condiviso da più persone, non facilita certo

l'attività di studio.

E' mio dovere segnalare la mia perplessità sulla funzionalità dell'accorpamento nelle

due stanze destinate all'ufficio segreteria. L'ufficio Protocollo è aperto al pubblico

in un'ampia fascia di orari, l'Ufficio Segreteria svolge prevalentemente attività

interna. Il segreto d'ufficio che nella segreteria è particolarmente rilevante e a cui

giustamente viene richiamato il personale responsabile della circolare del Direttore

Generale, come potrà essere mantenuto con il continuo flusso di pubblico del

protocollo che inevitabilmente disturberà l'ufficio adiacente?

E' questa la soluzione al problema della "dislocazione degli uffici disorganica con

distribuzione degli stessi in sedi inadatte strutturalmente anche se bene

attrezzati, ma poco funzionali, razionali e diseconomici" che il Direttore Generale

giustamente rileva nell'analisi della realtà organizzativa?>>

A questa accorata e motivata lettera il Sindaco risponde con propria nota del

12/2/02, il cui esordio è il seguente:

<<HO LETTO LE SUE ARGOMENTAZIONI ED ANCHE PARECCHIE LAMENTELE

NELLA SUA LETTERA PERVENUTAMI ASSIEME AD ALTRE CHE, A PARTE

QUALCHE VARIANTE, CONTENGONO ELEMENTI COMUNI RICONDUCIBILI

ESSENZIALMENTE ALL'INSOFFERENZA DEI CONFRONTI DI CAMBIAMENTI CHE

ERANO E SONO NECESSARI E CHE MAL SI ADATTANO A CHI HA RICOPERTO

POSIZIONI CHE HANNO CONDIVISO E FAVORITO, CON COMPONENTI A VOLTE

DISCUTIBILI, AZIONI E STRATEGIA NON CONDIVISIBILI E CHE STANNO

VINCOLANDO FORTEMENTE QUESTA AMMINISTRAZIONE COMUNALE>>.

La chiave di lettura è di agevole comprensione: gli spostamenti sono necessari

perché bisogna punire quegli impiegati troppo legati alla vecchia amministrazione, di

cui hanno favorito l'azione amministrativa, a volte con componenti discutibili

(secondo l'altrui opinione, infondata ed inconcepibile)

3) VIOLAZIONE ART. 7 L. 241/90

L'amministrazione prima di procedere allo spostamento del dipendente doveva

dare comunicazione previa dell'inizio del procedimento.

 

Pubblico Impiego - ius variandi - maresciallo vv.uu. coordinatore -

adibizione a compiti di mera vigilanza - illegittimità - mansioni nuove ascritte

a medesima cat. - irrilevanza - equivalenza mansioni - definiz. (parte seconda))

4) RISARCIMENTO DANNI

L'istante C., in conseguenza della situazione stressante che ha dovuto subire

per l'ingiusto comportamento del proprio datore di lavoro, che lo sta umiliando con

l'isolamento, senza affidargli alcuna mansione, se non elementari e sporadici compiti

certamente non equivalenti alla professionalità di assunzione e/o acquisita, ha visto

depauperata e compromessa la propria professionalità ed ha subito un grave

attacco all'insieme delle sue posizioni giuridiche soggettive, sia come cittadino, sia

come lavoratore.

RISARCIMENTO DANNO PATRIMONIALE

Come è noto l'art. 2103 cod. civ. afferma il diritto del lavoratore all'effettivo

svolgimento della propria prestazione anche perché il lavoro costituisce non solo

un mezzo di sostentamento e di guadagno, ma altresì un mezzo di

estrinsecazione della personalità del lavoratore ai sensi degli artt. 2, 4 e 35

della Costituzione.( Cassazione Sezione Lavoro n. 7967 del 1 giugno 2002, Pres. Sciarelli,

Rel. De Matteis )

La lesione di tale interesse della persona, che assurge a diritto

soggettivo con la stipulazione del contratto di lavoro prevedente una

determinata prestazione - ha affermato la Corte - costituisce un

inadempimento contrattuale da parte del datore di lavoro e determina, oltre

all'obbligo di corrispondere le retribuzioni dovute, l'obbligo del risarcimento del

danno da dequalificazione professionale. Tale principio di diritto - ha osservato

la Corte - trova sicuro fondamento giuridico in molteplici valutazioni: il

carattere del rapporto di lavoro subordinato, che non è puramente di scambio,

ai sensi degli artt. 1174 e 1321 cod. civ., coinvolgendo la persona del

lavoratore; e che costituisce altresì un contratto di organizzazione (art. 2094

cod. civ.), sicché la disciplina degli aspetti patrimoniali e la collaborazione

nell'impresa devono necessariamente coniugarsi con i precetti costituzionali di

tutela della persona dell'uomo che lavora; il principio di esecuzione di buona

fede del contratto di assunzione (art. 1375 cod. civ.); infine l'attuale

evoluzione del mercato del lavoro, che, enfatizzando la formazione continua

come essenziale caratteristica dell'attuale momento storico-economico,

valorizza la funzione della prestazione lavorativa in tal senso; ne consegue che,

non solo una riduzione qualitativa, ma anche quantitativa delle mansioni, in una

misura significativa, il cui apprezzamento è rimesso al giudice del merito, può

comportare dequalificazione.

L'art. 2103 c.c. nella sua originaria stesura subordinava l'interesse dei

lavoratori a quello dell'impresa in quanto, come è stato precisato in dottrina, in caso

di conflitto tra le esigenze dell'impresa e le esigenze di difesa del patrimonio

professionale dei lavoratori le prime prevalevano sulle seconde sia pure "nei limiti

fissati dalle regole (non scritte) della normalità tecnico-organizzativa".

A seguito dell'entrata in vigore dello statuto dei lavoratori, con l'art. 13 di

detta legge si è radicalmente modificata tale situazione perché la ratio dell'art.

2103 c.c. va ora identificata - in linea con la legge 20 maggio 1970, n. 300 diretta a

garantire la libertà e dignità dei lavoratori, nei luoghi di lavoro - nell'esigenza di

apprestare una più efficace e pregnante tutela del patrimonio professionale del

lavoratore. Coerente con lo spirito informatore del vigente art. 2103 c.c. è,

pertanto, l'affermazione che detta norma sia tesa a far salvo il diritto del

lavoratore all'utilizzazione, al perfezionamento ed all'accrescimento del proprio

corredo di nozioni di esperienza e di perizia acquisita nella fase pregressa del

rapporto ((cfr. in tali sensi, tra le altre: Cass., 4 ottobre 1995, n. 10405, in Foro it. 1995, I,

3133) ed ad impedire conseguentemente che le nuove mansioni determinino una

perdita delle potenzialità professionali acquisite o affinate sino a quel momento, o

che per altro verso comportino una sotto utilizzazione del patrimonio professionale

del lavoratore, avendosi riguardo non solo alla natura intrinseca delle attività

esplicate dal lavoratore, ma anche al grado di autonomia e discrezionalità nel loro

esercizio, nonché alla posizione del dipendente nel contesto dell'organizzazione

aziendale del lavoro (cfr. Cass., 14 luglio 1993, n. 7789, in Not. giurisp. lav. 1993, 808).

In siffatta ottica, una violazione della lettera e della ratio dell'art. 2103 c.c.

può quindi ipotizzarsi, in considerazione degli interessi sostanziali tutelati dal

legislatore, anche allorquando si sia in presenza di una modifica solo quantitativa

(ma non è proprio il caso di specie) delle mansioni assegnate al lavoratore, che si

traduca in una riduzione dei compiti lavorativi del dipendente.

Detta modifica, oltre ad una diminuzione retributiva, può infatti determinare

in concreto - in ragione dell'inattività o della ridotta attività oltre che dell'entità

del ridimensionamento dell'area operativa del lavoratore, della specifica natura

delle residuali prestazioni e delle sue concrete modalità di svolgimento - un

progressivo deperimento del bagaglio culturale del dipendente e una perdita di

quelle conoscenze e esperienze richieste dal tipo di lavoro svolto, che finiscono per

tradursi, in ultima analisi, in un graduale appannamento della propria professionalità

ed in una sua più difficile futura utilizzazione.

In tale ottica è stato, appunto, affermato dai Giudici della Suprema Corte, in

casi consimili a quello de quo agitur, che ci si trova in ipotesi di plateale

abbassamento del livello professionale dell'attività svolta.( cfr. in tali sensi Cass., 11

gennaio 1995, n. 276, in Not. giurisp. lav. 1995, 732)

Il disposto dell'art. 2103 c.c. finisce, affermano sempre i Giudici della

legittimità, per essere violato non solo allorquando il dipendente sia assegnato a

mansioni inferiori ma anche quando il medesimo (ancorché senza conseguenze sulla

retribuzione) sia lasciato in condizioni di forzata inattività e senza assegnazione

di compiti rapportati alla propria capacità professionale acquisita, come è il caso

di specie, costituendo il lavoro non solo un mezzo di guadagno ma anche un

mezzo di estrinsecazione della personalità del soggetto ((cfr. sul punto: Cass., 4

ottobre 1995, n. 10405, cit., cui adde Cass., 13 agosto 1991, n. 8835, in Not. giurisp. lav. 1991,

740, che ha osservato come l'accertamento relativo alla sussistenza o meno di circostanze

giustificativi della condotta del datore di lavoro - che rileva indipendentemente da una specifica

volontà di declassare o svilire il lavoratore e che, comunque, non è giustificabile neppure per le

comprovate esigenze organizzative e tecniche - si risolve in una valutazione di fatto che spetta al

giudice del merito).

Da tutto quanto retro esposto è certo ed incontrovertibile il

demansionamento; è conseguentemente certo il diritto del sig. C. di vedersi

risarcire i danni patrimoniali subiti per effetto di tale condotta illegittima del

proprio datore di lavoro. Nella determinazione dell'ammontare di tali danni si

procederà in corso di causa, facendo ricorso, occorrendo, anche ad una ctu e/o al

criterio dell'equità.

Per fornire un utile parametro al Tribunale per la determinazione di tali danni

si esibiscono i prospetti paga relativi all'ultimo periodo lavorativo dell'istante,

atteso che tutti i giudici di merito che se ne sono occupati hanno tenuto conto del

parametro dello stipendio mensile. (Sembra opportuno richiamare al riguardo il principio espresso dai

Giudici di Legittimità, secondo i quali <<Il demansionamento professionale di un lavoratore non solo viola lo

specifico divieto di cui all'art. 2103 cod. civ., ma da luogo ad una pluralità di pregiudizi solo in parte incidenti sulla

potenzialità economica del dipendente, e costituisce anche lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione

della propria personalità nel luogo di lavoro, con la conseguenza che al pregiudizio correlato a tale lesione, che

incide sulla vita professionale e di relazione dell'interessato, va riconosciuta un'indubbia dimensione patrimoniale,

che lo rende suscettibile di risarcimento e di valutazione anche equitativa, pure nell'ipotesi in cui venga a mancare la

dimostrazione di un effettivo pregiudizio patrimoniale, secondo quanto previsto dall'art. 1226 cod. civ.>> (Cass-. 23

ottobre 2001, n. 13033 Cass. nn. 11727/1999; 8577/99; 14443/2000).

RISARCIMENTO DANNO BIOLOGICO E/O ESISTENZIALE

Per il danno da vessazioni morali, trasferimento illegittimo e

demansionamento con inattività attualizzanti la fattispecie del mobbing, e

conseguente pregiudizio all'integrità dello stato di salute, la tripartizione danno

biologico - danno patrimoniale - danno morale oramai appare riduttiva per

l'interprete in quanto lascia troppi spazi privi di adeguata tutela. Sul punto è oramai

acquisito, seppure recentemente, il concetto di danno esistenziale, o danno alla vita

di relazione, che si realizza ogni qual volta il lavoratore viene aggredito nella sfera

della dignità senza che tale aggressione offra sbocchi per altra qualificazione

risarcitoria. Non a caso il mobbing è stato definito violenza morale e non a caso il

danno esistenziale appare particolarmente congeniale a tale situazione, e alla

presente situazione

Ora il sig. C. ha subito un grave attentato alla propria salute ed alla propria

vita di relazione, che ha generato un danno c.d. biologico ed un danno esistenziale

dei quali ella oggi intende essere risarcito (Come noto la Corte Cost. (con le sentenze n.

356 e 485 del 1991) ha ribadito e precisato che il principio costituzionale della integrale e non

limitabile tutela risarcitoria del diritto alla salute riguarda prioritariamente e indefettibilmente il

danno biologico in sé considerato, che sussiste a prescindere dalla eventuale perdita o riduzione

di reddito e che va riferito alla integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le

attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica sé stessa e la propria vita; non soltanto,

quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale,

culturale, affettiva, sociale, sportiva e ad ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua

personalità, e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana.)

Da tutto quanto dedotto innanzi in punto di fatto e di diritto, è evidente il

nesso di causalità tra l'alterazione dello stato psico-fisico e la condotta del datore

di lavoro; la lesione del diritto alla salute ed alla vita di relazione, costituendo

"l'essenza antigiuridica dell'intero fatto illecito" (C..Costit. n.184/1986) è presunta.

Poiché il danno biologico e quello esistenziali sono indipendenti dal ruolo che i

requisiti ed attributi biologici della persona sono in grado di svolgere sulle capacità

di reddito, essendo invece collegato alla sfera di incidenza non patrimoniale di essi,

la determinazione del danno alla salute e di quello esistenziale è essenzialmente

equitativa e deve avvenire mediante individuazione del "valore umano" perduto,

fatta attraverso la personalizzazione, quantitativa e qualitativa, di parametri, in

linea di principio, uniformi per la generalità delle persone fisiche,

indipendentemente dalle ripercussioni che essa può comportare sulla capacità di

guadagno del soggetto (V. per tutte Cass.24/6/1997 n.5635)

RISARCIMENTO DEI DANNI MORALI

Si pone adesso (in ipotesi come quella de qua, di demansionamento) il

problema se il giudice del lavoro possa liquidare, in aggiunta al danno biologico

eventualmente riscontrato ed equitativamente determinato ex art. 1226 c.c.,

anche il "danno morale" (costituito dalle sofferenze psichiche e dai patemi d'animo

sofferti, di solito, transitoriamente in conseguenza degli indebiti trattamenti

ricevuti), danno che, com'è noto, presuppone (allo stato dell'attuale legislazione)

per la sua risarcibilità il riscontro e la ricorrenza di un reato (secondo l'art. 2059

c.c. e 185 c.p.).

In altri termini si pone il quesito se sussista in capo al giudice del lavoro

adito un'autonoma competenza nell'accertamento del reato - ai soli fini del

risarcimento del danno morale - ovvero se allo stesso (ed indirettamente al

lavoratore) sia preclusa la facoltà di tale accertamento, da riconoscere

esclusivamente di pertinenza del giudice penale e, pertanto, essere conseguente

ad un'azione del lavoratore in sede penale o al rinvio d'ufficio da parte del giudice

civile al giudice penale, con correlativa sospensione del giudizio civile.

Va subito detto che una risposta negativa al quesito sopra formulato era

d'obbligo nell'assetto normativo strutturato dal vecchio codice di procedura civile

e penale, mentre una risposta positiva s'impone nell'attuale nuovo assetto, cioè a

dire dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (d.p.r. 22.9.1988,

n. 447) e delle ed innovazioni al codice di procedura civile.

A tali nuovi eventi normativi si deve, infatti, l'abbandono del principio di

unità della giurisdizione (con prevalenza del giudicato penale sul civile e

pregiudizialità dell'azione penale rispetto alla civile) per la scelta, a favore del

diritto di difesa anche a costo di pervenire a giudicati contrastanti, del principio

dell'autonomia (o separazione) dei giudizi.

Va comunque detto, per verità storica, che già prima della riforma dei codici

di procedura (civile e penale) - che ha sancito il venir meno del principio di

pregiudizialità e di preminenza dell'azione penale sulla civile - si sosteneva che

"per applicare la disciplina del risarcimento del danno da reato, ex art. 2947, 3°

comma, c.c., non é necessario che sia stato iniziato un procedimento penale, ma è

sufficiente che il caso sia considerato astrattamente come reato" spettando in tal

caso "al giudice civile di accertare 'incidenter tantum" che nella specie sia

configurabile un reato" In particolare Corte cost. n.102/1981 (seguita da Corte

Cost. n. 118/1986) è pervenuta - pur in regime di vigenza del principio (oramai

caduto) di pregiudizialità e preminenza dell'azione penale su quella civile - alla

"dichiarazione di illegittimità del 5° comma dell'art. 10 del d.p.r. n. 1124/1965,

nella parte in cui non consente...che l'accertamento del fatto di reato possa

essere compiuto dal giudice civile... anche nei casi in cui il procedimento penale nei

confronti del datore di lavoro o di un suo dipendente si sia concluso con

proscioglimento in sede istruttoria o vi sia provvedimento di archiviazione",

asserendo che, se nel suddetto regime (si ripete, oramai non più vigente) "si

giustifica che l'azione civile non sia proponibile in pendenza del processo penale,

non trova invece alcuna razionale giustificazione che sia anche...limitata ad ipotesi

tassative la possibilità di chiedere al giudice civile, ai fini dell'azione di sua

competenza, l'accertamento dell'illecito...".

Le chiare insofferenze dei giudici della Consulta, sopra evidenziate, sono

sfociate - dopo la caduta del principio di pregiudizialità e preminenza dell'azione

penale sulla civile - in un pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale

liberale in ordine alla piena sussistenza di una effettiva autonomia del giudice

civile nell'accertamento del reato.( Si veda per tutte Cass. 6.2.1990, n. 817 secondo

cui: "Il giudice civile può liberamente accertare la eventuale sussistenza della responsabilità

penale del datore di lavoro per il danno biologico subito dal lavoratore...a condizione però

che tale accertamento avvenga nel rigoroso rispetto delle norme che disciplinano

l'acquisizione delle prove nel giudizio penale, dovendo in ogni caso escludersi l'utilizzazione

di presunzioni legali...". In senso conforme, Pret. Monza 15.12.1992 secondo cui: "ove, in

relazione alla produzione di un infortunio sul lavoro, sia accertata - anche in sede civile - la

responsabilità penale dei destinatari degli obblighi posti dall'art. 2087 c.c. - sussiste il diritto

in capo al lavoratore al risarcimento...del danno biologico...nonché del danno morale".

Ancora, in senso conforme all'autonomia del giudice civile nel riscontro del reato, Corte cost.

18.7.1991, n. 356 secondo cui: " è noto che, secondo la prevalente giurisprudenza di

legittimità, l'accertamento che l'infortunio o la malattia professionale sono stati determinati

da negligenza o da inosservanza di disposizioni di legge e quindi dei doveri posti dallo stesso

art. 2087 c.c., implica l'affermazione dell'esistenza nel fatto degli estremi costitutivi del reato

di lesioni colpose. Ove...il giudice (civile, n.d.r.) non assecondando detto indirizzo

giurisprudenziale...abbia escluso di poter identificare un reato, questa Corte non può che

prenderne atto...sì che in difetto di sentenza di condanna penale ed avendo comunque escluso

il giudice di merito l'esistenza di un fatto reato... la questione sollevata relativamente alla

legittimità costituzionale dell'art. 10 d.p.r. n. 1124/1965 è rilevante")

In buona sostanza sussiste uniformità interpretativa in ordine

all'autonomia - anche di scelta da parte del lavoratore ricorrente - fra azione

civile risarcitoria di danno per reato penale e azione penale di accertamento,

quando l'azione civile attenga ad ipotesi di "restituzione o di risarcimento

danno". L'autonomia tra i due tipi di azione trova il suo fondamento di diritto

positivo nell'art. 75, 2° e 3° comma, c.p.p. (Questa norma al 2° comma sancisce il

principio della separazione del giudizio civile per il risarcimento del danno e per le

restituzioni ed il giudizio penale, disponendo che 'l'azione civile prosegue in sede civile se

non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la

costituzione di parte civile'. Il legislatore penale, dunque ha accolto il principio dell'autonomia

del giudizio civile dal giudizio penale ed ha abbandonato così quello della prevalenza della

giurisdizione penale).

Nonostante il 'distinguo' operato da Cass. n. 4179/1997 (nei confronti del

più condivisibile orientamento di Cass. n. 1501/'96 e Cass. n. 3992/'97) -

'distinguo' che, si ripete, non riguarda le azioni civili per restituzione o

risarcimento danno, si afferma decisamente da parte della dottrina che dopo

l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (d.p.r. 22.9.1988, n. 447)

che non riproduce più una disposizione analoga al precedente art. 3, 2° e 4°

comma, c.p.p. e dopo che è stata rivista la regolamentazione già contenuta

nell'art. 24 c.p.p. del 1930 ed è stata adottata una nuova disciplina in ordine agli

effetti del giudicato penale negli artt. 651,652 e 654 c.p.p. e dopo che l'art. 35

della l. 26 novembre 1990, n. 353 è intervenuto sull'art. 295 c.p.c. cancellando il

rinvio all'art. 3 c.p.p. che era sopravvissuto all'abrogazione di questa norma, il

principio dell'autonomia delle giurisdizioni, lungi dall'essere stato affermato in

via parziale e tendenziale, è stato sancito in via generale, come risulta anche

dalla disciplina dettata in materia di questioni pregiudiziali (art. 2 e 3 c.p.p. del

1988), dove il legislatore ha optato per la indipendente prosecuzione dei giudizi.

Osserva confermativamente Corte cost. n. 182/1996 che "proprio la

recente riforma della norma citata (art. 295 c.p.c.) nell'attenuare il nesso di

pregiudizialità penale in consonanza con l'autonomia voluta dal nuovo codice di

procedura penale per le azioni civili restitutorie e risarcitorie, ha espresso, più

in generale, il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo in quanto tale".

Ancora conferme, su un altro versante, sulla pacifica sussistenza di una

autonoma facoltà del giudice civile di riscontro del reato (ai fini della

risarcibilità del danno in sede civile), provengono da tutte le sentenze civili che

hanno deciso, in presenza di "molestie sessuali sul luogo di lavoro", la spettanza -

in capo alle lavoratrici vittime - del risarcimento del danno biologico e

separatamente (in ragione del requisito delittuoso ex art. 2059 c.c.) del

risarcimento del danno morale. (In tal senso si citano, Pret. Trento 22.2.1993 (riscontro da parte del

pretore del lavoro del reato ex art. 610 c.p. e/o di quello ex art. 56 e 521 c.p.; Pret. Milano 14.8.1991 (riscontro

da parte del pretore del lavoro del reato ex art. 521 c.p. o ex art. 56-519 c.p., confermata da Trib. Milano

19.6.1993; Trib. Milano 21.4.1998 (riscontro da parte del pretore del lavoro del reato ex art. 660 c.p.)

Incisiva, relativamente all'affermazione di tale autonomia del giudice

civile nel riscontro del reato penale, la già citata Pret. Milano 14.8.1991, la quale

ha rivendicato tale autonomia in concorrenza di un'azione penale conclusasi con

l'archiviazione. Ha, al riguardo, asserito il Pretore: "spetta inoltre (cioè

addizionalmente al risarcimento del danno biologico, n.d.r.) alla Neposteri il

risarcimento del danno morale, dal momento che la condotta messa in atto nei

suoi confronti dall'Azienda, oltre che un inadempimento contrattuale, integra

anche l'ipotesi delittuosa (ed, in particolare, il reato p. e p. dall'art. 521 c.p., se

non già quello p.e p. dagli artt. 56-519 c.p.). Può incidentalmente osservarsi che

tale configurazione giuridica dei fatti compiuti dall'Azzali in danno della

Neposteri mal si concilia con il provvedimento di archiviazione, emesso dal

giudice penale - a quanto risulta senza l'espletamento di alcuna attività

istruttoria - e prodotto dalla difesa della ricorrente alla prima udienza. Ma tale

discrepanza non può produrre alcun immediato effetto sull'esito della presente

causa, sia perché il giudice civile conserva pur sempre la sua autonomia e

possibilità di valutare anche diversamente da quello penale i fatti delittuosi

sottoposti al suo esame per la decisione sugli aspetti e conseguenze civili del

fatto-reato; sia perché nel caso di specie la valutazione dei fatti di causa è

giustificata da un'attività istruttoria, che è -invece - mancata in sede penale ,

sia perché - infine - il diverso andamento dei due procedimenti trova, ad avviso

di questo pretore, una possibile spiegazione nel diverso e maggiore interesse

manifestato dalla parte lesa a trovare soddisfazione in sede civile, piuttosto che

penale, per i torti subiti ".

A favore della libertà per il giudice civile di procedere all'accertamento

delle responsabilità penali datoriali a fini di risarcimento del danno morale, si è

recentemente espresso anche Trib. Milano 12 dicembre 1998 secondo cui: "Per il

riconoscimento del danno morale non occorre un accertamento penale che il fatto

costituisce reato e non occorre neppure che le parti che lo chiedono specifichino

di volere un accertamento incidentale di tale tipo. E' sufficiente - secondo il

noto principio che il giudice deve interpretare la domanda - che sia chiaro che le

parti assumono nel fatto il carattere di reato al fine di ottenere il danno morale

. E così è nella specie".

Conformemente si è espressa Cass. 20 aprile 1998, n. 4012 attinente alla

fattispecie di un lavoratore bancario colpito da grave malattia nervosa per

essere rimasto coinvolto in tre rapine nel luogo di lavoro, successivamente

licenziato per superamento del periodo di comporto per malattia o comunque per

sopravvenuta inidoneità all'espletamento delle mansioni. (Tale decisione atteneva e

perveniva al riscontro di omissione da parte datoriale delle misure a tutela della salute rinvenibili nell'ampia

norma tutoria dell'art. 2087 c.c. (nella specie costituite dalla presenza alla porta d'ingresso dell'agenzia bancaria

della "vigilanza armata", a fini di scoraggiamento della criminalità, in luogo della sola "doppia porta con metal

detector" approntata dalla Banca).

Nello stesso senso più di recente, Cass. 6 novembre 2000, n. 14443,

secondo cui: "ai fini del risarcimento del danno patrimoniale (art. 2059 c.c.,

l'inesistenza di una pronuncia del giudice penale, nei termini in cui ha efficacia di

giudicato nel processo civile a norma degli artt.651 e 652 c.p.p., comporta che il

giudice civile possa accertare 'incidenter tantum' l'esistenza del reato - nel caso

di ingiuria, riscontrato insussistente in sede di merito n.d.r.) - nei suoi elementi

obiettivi e soggettivi, individuando l'autore, procedendo al relativo accertamento

nel rispetto dei canoni della legge penale (cfr. ex multis, Cass. 14 2.2000, n.

1643)".

Conclusivamente va affermato che spetta al sig. C.G. oltre al risarcimento del

danno patrimoniale, di quello biologico e/o del danno esistenziale il risarcimento del

danno morale, dal momento che la condotta messa in atto nei suoi confronti

dall'Azienda, oltre che un inadempimento contrattuale, integra anche l'ipotesi

delittuosa o della violenza privata o delle lesioni personali o dell'abuso di

ufficio.

Per la determinazione del quantum,esso sarà accertato in corso di causa, anche

eventualmente a mezzo di idonea ctu, e ricorrendo al criterio dell'equità, secondo

quanto disposto dall'art. 1226 c.c

SUL PERICULUM IN MORA

L'urgenza di provvedere sta nelle cose che si sono scritte retro; il danno

all'immagine, alla professionalità ed alla personalità dell'istante è reale, concreto ed

attuale.

La posizione dell'istante nella struttura organizzativa dell'ente convenuto è

stata appannata; da primo in grado dopo il dirigente è stato trasferito ad un

servizio (quella di Vigilanza Ambientale ed Edilizia), dove svolge mansioni

meramente esecutive; questa circostanza ha un grande rilievo per la considerazione

della persona dell'istante nei suoi rapporti con i colleghi e con il pubblico.

Da soggetto operante in primo piano, a contatto con una realtà

oggettivamente complessa e difficile, che ha richiesto lungo studio e dedizione, a

contatto con il pubblico e con le istituzioni, in posizione quantomeno di

coordinamento, oggi viene relegato in seconda linea, senza contatti esterni e con

compiti meramente esecutivi.

Se vi è un caso in cui il presupposto del periculum è evidente oltre ogni

ragionevole dubbio è proprio questo.

^^^^^^^^

Stando così le cose, risulta evidente che il comportamento della pubblica

amministrazione resistente è illegittimo ed ha causato e sta continuando a causare

gravi danni alla integrità psico-fisica del ricorrente, che ha così diritto a lavorare,

con assegnazione di mansioni che lo impegnino nel rispetto della professionalità

acquisita.

Sicchè l'istante è certo che a conclusione del giudizio di merito sarà

riconosciuta la illegittimità del comportamento aziendale e riconosciuto il suo

diritto a vedersi assegnare mansioni confacenti alla sua professionalità acquisita,

oltre che al risarcimento dei danni patiti e patiendi; allo stato però non può

disconoscersi che l'accertamento nel merito della illegittimità del comportamento

aziendale ed il riconoscimento del suo diritto a lavorare richiedono tempi lunghi

incompatibili con lo stato di inferiorità morale, sociale ed economica nel quale

l'istante versa. Infatti non può disconoscersi che tale suo diritto è minacciato da

un pregiudizio imminente ed irreparabile e che, quindi, senza effetti rimarrebbe il

pronunciamento del giudice se non venissero dati i provvedimenti d'urgenza idonei

ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione nel merito.

*****************

Ricorrono, come si è visto, nella specie i presupposti del fumus boni iuris e

della irreparabilità del danno che condizionano il ricorso alla procedura di cui

all'art.700 cpc. Ricorre infatti il fumus boni iuris perchè il comportamento

dell'azienda si concretizza in palese violazione di norme imperative di legge mentre

l'elemento del pregiudizio irreparabile è insito nella grave compromissione del

diritto al lavoro del sig. C..

Con l'ovvia considerazione che la gravità del comportamento altrui in atto

impone decisioni urgenti e rapide a tutela della professionalità della ricorrente, non

risarcibile per equivalente.

Infatti le conseguenze negative della condotta datoriale e della lesione del

diritto al lavoro ed al rispetto della propria professionalità, oltre che del diritto

alla salute, vanno ben oltre la sfera strettamente materiale, investendo anche la

condizione personale, psico-fisica e sociale del lavoratore, quei diritti cioè, di

natura personalissima il cui pregiudizio è, per definizione, insuscettibile di va-

lutazione economica.

Va inoltre precisato che l'irreparabilità della lesione, ancora, va

fondamentalmente vista nello stato di offesa della situazione giuridica del

ricorrente, per effetto dell'arbitrario avverso comportamento che porta il Comune

resistente ad usufruire, per decisione propria, di una ingiustificata condizione di

superiorità processuale sino all'accertamento definitivo del diritto e nelle more

dello stesso.

All'ammissibilità del presente ricorso non è d'ostacolo la circostanza che lo

stato di offesa al diritto al lavoro del ricorrente dura da tempo; trattasi di

comportamento ad effetti permanenti, che si consuma momento per momento;

sicchè l'offesa è sempre attuale. Comunque il completamento del disegno

discriminatorio posto in essere dall'amministrazione resistente si è concluso con

l'esonero di ogni compito di coordinamento.

^^^^^

Si applica nei confronti del Comune di G. la tutela reale in ragione del numero

dei suoi dipendenti nelle diverse unità operative superiore a 60.

Pertanto, l'istante, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, col

presente atto

C H I E D E

alla S.V. Ill.ma, ai sensi delle disposizioni di legge dettate dall'art.700 cpc, in

contraddittorio con il COMUNE DI G., in persona del suo Sindaco e legale

rappresentante pro-tempore Dott. Giuseppe VENNERI, che voglia, disconosciuti gli

avversi documenti che tutti sin d'ora si impugnano e sconoscono, disattesa ogni

contraria azione, eccezione e conclusione, ritenuta, nel senso e nei limiti fissati

dallo strumento processuale adottato, la illegittimità del comportamento tenuto

dalla amministrazione resistente per i fatti in narrativa e, disapplicato, ove del

caso, qualsiasi atto amministrativo ritenuto incidenter tantum illegittimo, ordinare

l'immediata cessazione del comportamento antigiuridico e voglia disporne

l'immediata rimozione degli effetti, disponendo la revoca degli atti del

Responsabile dell'Ufficio di Polizia Municipale 14/11/02 n. 8138 prot. e 26/11/02 n.

8440 prot. e di tutti quegli altri atti precedenti incompatibili con la normativa tutta

retro invocata come violata, e/o dando tutti quegli altri ordini e/o divieti ritenuti

utili ai fini della concreta tutela anticipatoria della posizione dell'istante, con

reintegrazione nel posto e nelle mansioni precedentemente occupate, con

assegnazione in ogni caso di compiti di coordinamento, così come svolti in

precedenza.

Con la condanna alle spese di lite come per legge, occorrendo.

Si chiede che siano assunte informazioni sentendo le parti, tutte le persone

nominate nel presente atto e chi ritenuto di dovere.

PRODUZIONE: omissis

Lecce, li 13/12/202

 

^^^^^^^^^^^^

 

Pubblico Impiego - ius variandi - maresciallo vv.uu. coordinatore -

adibizione a compiti di mera vigilanza - illegittimità - mansioni nuove ascritte

a medesima cat. - irrilevanza - equivalenza mansioni - definiz.

T.Lecce 18/03/03, Mainolfi Est.

 

IL GIUDICE DEL LAVORO

sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 7-3-2003, osserva quanto

segue:

Cataldi Guerino lamenta la illegittimità della sua adibizione al settore

"Vigilanza Ambientale ed Edilizia" (disposta con ordine di servizio prot.

n°8440 del 26-11-2002) presso il quale attualmente espleterebbe mansioni

di operatore di P.M. senza compiti di coordinamento e controllo dell'operato

di altre unità lavorative, mansioni assertivamente inferiori non solo rispetto

a quelle da lui disimpegnate nel periodo dal 1999 al 1-6-2001 come

responsabile del Nucleo Operative della P.M. del Comune di Gallipoli

(nucleo composto da 6 agenti di P.M. e soppresso a seguito della

ristrutturazione dei servizi e degli uffici realizzata dal Comune di Gallipoli

con Ie delibere della G.C. n° 104 del 4-10-2001 e n°115 del 23-10-2001)

ma anche rispetto a quelle da ultimo espletate presso l'Ufficio Verbali, ove

egli aveva il compito di coordinare il lavoro di un agente di P.M. e quello di

due impiegati civili, mansioni queste ultime disimpegnate fino alla sua

adibizione al settore "Vigilanza Ambientale ed Edilizia"; l'istante ha

precisato di possedere la qualifica di Maresciallo di Polizia Municipale

conseguita all'esito di concorso interno del 19-3-1998, data a decorrere

dalla quale è stato inquadrato nella ex sesta qualifica funzionale e che,

all'esito della riclassificazione del personale secondo quanto previsto del

C.C.N.L. 31/3/1999 del Comparto Regioni ed Autonomie Locali, è stato

inquadrato nella categoria C, posizione economica C2, dell'allegato A al

predetto contralto collettivo.

Orbene si ritiene che vada preliminarmente approfondito il quadro

normativo complessivo (costituito da norme poste dalla contrattazione

collettiva e da norme di rango legislativo) nel quale si inserisce la

riclassificazione ai sensi del C.C.N.L. cit. del personale dell'area di

vigilanza, come il ricorrente inquadrato nella ex VI qualifica funzionale, al

fine di valutare se alcuni lavoratori riclassificati nella categoria C possano

ancora differenziarsi in ragione della particolarità delle mansioni espletate

tanto da giustificare l'applicazione solo nei loro confronti di norme

contrattuali eccezionali e transitorie.

Punto di partenza della ricostruzione della normativa deve essere l'art. 7 del

C.C.N.L. 31-3-1999, relativo al sistema di classificazione del personale del

comparto Regioni - Autonomie Locali, che prevede che il personale in

servizio alla data di stipulazione del C.C.N.L. cit. è inserito con effetto dalla

medesima data nel nuovo sistema di classificazione con la attribuzione

della categoria e della posizione economica corrispondenti alla qualifica

funzionale ed al trattamento economico fondamentale in godimento

(tabellare più eventuale livello economico differenziato), secondo Ie

prescrizioni di cui alla allegata tabella C; secondo quanto stabilito sempre

dall'art. 7 del cit. C.C.N.L. il personale dell'area di vigilanza, ivi compresi i

custodi delle carceri mandamentali, inquadrato nella ex V qualifica

funzionale ed al quale è corrisposta la specifica integrazione tabellare di cui

all'art. 37, comma 1°, lett. a) del C.C.N.L. del 6-7-1995, come modificato

dall'art. 8 del C.C.N.L. del 16-7-1996, viene inquadrato con decorrenza

dall'1-1-1998 nella ex VI qualifica funzionale e, con decorrenza dalla data di

stipula del C.C.N.L. ( e quindi dal 31-3-1999), nella categoria C ( che

ricomprende appunto secondo l'allegato C anche il profilo professionale di

agente di polizia municipale precedentemente in parte ricompreso nella ex

V qualifica professionale) e, precisamente, secondo la tabella C di

corrispondenza cui fa riferimento l'art. 7 sopra citato, nella posizione

economica C1 insieme al personale precedentemente inserito nella VI

qualifica funzionale senza led, mentre i lavoratori, come il ricorrente,

precedentemente inquadrati nella VI qualifica funzionale con livello

economico differenziato vengono classificati nella posizione economica C2.

L'art.24, comma 2° lett. e, del C.C.N.L Comparto Regioni ed Autonomie

Locali dell'1-4-1999 prevede l'impegno per Ie parti contrattuali a

rinegoziare entro il 30-4-1999 la problematica del personale dell'area

di vigilanza addetto a compiti di responsabilità di servizio e di

coordinamento e controllo collocato n ell'ex VI qualifica funzionale

anteriormente alla vigenza del D.P.R. n°268/87 ovvero anche

successivamente a seguito di procedure concorsuali, fermo restando

quanto previsto dall'art. 7 del C.C.N.L. del 31-3-1999 e cioè che gli enti

sono tenuti ad adottare tutte Ie misure " atte a dare adeguata

valorizzazione alle posizioni di coordinamento e controllo collocate

nell'ex VI qualifica funzionale". Con successivo C.C.N.L. del 14-9-2000,

con 1'art. 29, recante disposizioni speciali per il personale dell'area

vigilanza con particolari responsabilità, in attuazione del predetto art. 24,

comma 2° lett. e, del C.C.N.L. 1-4-1999, Ie parti contrattuali si sono

impegnate in particolare ad assumere iniziative per realizzare il

passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale

della area di vigilanza dell'ex 6A q.f. che è addetto all'esercizio effettivo

di compiti di coordinamento e controllo di altri operatori di pari

qualifica o di quella inferiore già collocato a seguito di procedure

concorsuali nella ex sesta qualifica sia su posti istituiti che

prevedessero l'esercizio di tali funzioni anteriormente all'entrata in

vigore del D.P.R. n°268/87 che su quelli istituiti successivamente al

predetto D.P.R. che prevedessero formalmente l'esercizio delle

predette funzioni; nello stesso art. 29 si chiarisce che la disciplina della

predetta progressione professionale alla categoria superiore ha carattere di

specialità e di eccezionalità in quanto applicabile nei limiti e con riferimento

al personale indicato nel primo comma del medesimo articolo 29.

Dalle norme contrattuali sopra riportate non può che inferirsi che all'interno

della categoria C sono inquadrati anche dipendenti dell'area di vigilanza

dell'ex 6A qualifica funzionale ai quali sono in concrete attribuiti effettivi

compiti di coordinamento e di controllo di altri operatori di pari

qualifica o di quella inferiore e che per questi dipendenti Ie parti

contrattuali hanno previsto un trattamento differenziato ed eccezionale che

si sostanzia da una parte nell'obbligo immediate e cogente degli enti

datori di lavoro di valorizzare Ie posizioni di coordinamento e di

controllo in questione ( v. sopra art. 7, comma 5°, del C.C.N.L. 31-3-

1999), dall'altra addirittura nella previsione solo per tali dipendenti di un

percorso " facilitato" di progressione professionale per l'accesso alla

categoria superiore D, profilo di specialista di vigilanza (all'ultimo comma

dell'art. 29 del C.C.N.L. del 14-9-2000 si evidenzia: " La disciplina del

presente articolo ha carattere di specialità e di eccezionalità, ivi compreso il

nuovo profilo professionale, e può essere applicata soltanto nei limiti e con

riferimento al personale indicate al comma 1").

Tanto chiarito, va evidenziato che la resistente a difesa del provvedimento

con il quale il ricorrente è stato destinato con ordine di servizio prot. n°8440

del 26-11-2002 presso la sezione "Vigilanza Ambientale ed Edilizia" del

Comando di P.M. del Comune di Gallipoli, sezione i cui compiti di

coordinamento sono stati assegnati al M.llo Bianco Amedeo, ha dedotto

che i pubblici dipendenti possono essere legittimamente adibiti a tutte Ie

mansioni previste per la categoria nella quale sono inquadrati giusta il

disposto dell'art. 52, comma 1°, del d.lgs. n°165/2001 che consente al

datore di lavoro pubblico di modificare unilateralmente l'oggetto della

prestazione lavorativa e, quindi, gli incarichi e la posizione del lavoratore

all'interno della struttura amministrativa (principio della mobilità orizzontale

o laterale) con l'unico limite dell'equivalenza tra Ie mansioni di provenienza

e quelle di adibizione, la cui valutazione sarebbe rimessa senza possibilità

di sindacato giudiziale, a differenza di quanto previsto nell'art. 2103 c.c., al

sistema di classificazione professionale previsto dai contratti collettivi (c.d.

pattuizione collettiva dell'equivalenza); pertanto secondo la convenuta,

nella fattispecie, dovendosi ritenere per pattuizione collettiva equivalenti

tutte Ie mansioni previste per i lavoratori inquadrati nella categoria C (v.

allegato A del C.C.N.L. del 31-3-1999), il ricorrente può essere

legittimamente adibito alle mansioni di cui all'ordine di servizio del 26-11-

2002 in quanto, pur non comportando queste ultime compiti di

coordinamento e controllo di altri operatori (l'assenza di tali ultime mansioni

si evince dall'ordine di servizio n°8440 del 26-11-1999 che non pare

superato per quanto si dirà infra da quello successivo n°3734 del 5-2-

2002), sono nondimeno contemplate dalla predetta declaratoria

contrattuale.

Orbene, anche ammesso che l'art. 52 cit. effettivamente rimetta alla

contrattazione collettiva la valutazione della equivalenza delle mansioni

senza possibilità di sindacato giudiziale sul punto, proprio dalla semplice

lettura del complesso delle norme della contrattazione collettiva disciplinanti

la specifica materia oggetto di esame si evince, come già evidenziato, che

nella categoria C sono inquadrati anche dipendenti (prima inquadrati nella

ex VI qualifica funzionale) che svolgono mansioni di coordinamento e di

controllo particolarmente qualificate e quindi ritenute per pattuizione

collettiva più qualificanti rispetto a quelle espletate dagli altri dipendenti

inquadrati nella medesima categoria con la logica conseguenza che,

qualora i primi vengano adibiti solo alle mansioni espletate dagli altri

dipendenti inquadrati nella categoria C, può fondatamente prospettarsi una

ipotesi di demansionamento. In definitiva è proprio la contrattazione

collettiva a cui giusta il disposto del cit. art. 52, bisogna fare riferimento per

valutare la possibilità per il datore di lavoro pubblico di esercitare lo ius

variandi in ordine alle mansioni, ad evidenziare che tra i lavoratori

inquadrati nella categoria C ve ne sono alcuni che svolgono effettivi compiti

di coordinamento e controllo di altri operatori, e quindi mansioni

professionalmente superiori a quelle espletate dalla generalità dei lavoratori

inquadrati nella predetta categoria.

Tanto precisato in diritto e passando alla valutazione sommaria dei fatti

sottoposti all'attenzione del giudicante, punto di partenza non possono che

essere Ie mansioni disimpegnate dal ricorrente presso l'Ufficio Verbali

immediatamente prima della sua adibizione al servizio " Vigilanza

Ambientale ed Edilizia", mansioni che sono pacificamente consistite nella

attività di coordinamento del personale addetto al predetto ufficio, nella cura

delle notifiche e rinotifiche internazionali, immissione e registrazione verbali,

istruttoria ricorsi ....... e formazione dei ruoli esattoriali ( v. copia dell'ordine

di servizio n°8538 del 29-11-2001 in atti), con la precisazione che dopo la

adibizione del Cataldi al predetto servizio il posto del ricorrente presso

l'Ufficio Verbali è stato occupato (ed e tuttora occupato come precisato

dall'informatore Giannone S. P., Comandante della P.M. di Gallipoli) dal

Ten. Chiffi inquadrato nella categoria D1 e quindi in una categoria superiore

a quella nella quale è inquadrato il ricorrente. Le anzidette mansioni già

disimpegnate dall'attore presso l'ufficio Verbali, comportando effettivi

compiti di coordinamento e di controllo di altri operatori (in particolare di un

operatore di P.M., Fersini Tommaso e di due dipendenti amministrativi del

Comune convenuto), sembrano potersi ritenere in concreto, alla stregua di

tutte Ie suesposte considerazioni in diritto, professionalmente più qualficanti

rispetto a quelle disimpegante dalla generalità dei lavoratori inquadrati nella

categoria C e sussumibili tra quelle comportanti la applicabilità sia dell'art.

7, comma 5°, del C.C.N.L. 31-3-1999 che dell'art. 29 del C.C.N.L. 14-9-

2000 sopra richiamati.

Passando alle mansioni invece attualmente espletate dal ricorrente, appare

strumentale il comportamento del Comune convenuto che prima ha

assegnato il Cataldi alla Sezione Edilizia ed Ambiente affidando Ie funzioni

di coordinamento della predetta sezione al M.llo Bianco Amedeo (v. ordine

di servizio n°8440 del 26-11-2002) e poi, dopo la instaurazione del presente

giudizio " ad usum Delphini", con ordine di servizio n°3734 del 5-2-2003 ha

destinato il ricorrente a decorrere dal 1-2-2003, "con funzioni di

coordinamento, congiuntamente all'operatore di P.M. De Santis Guglielmo,

ad attività di controllo sul territorio delle occupazioni temporanee di suolo

pubblico effettuate da cantieri edili e di controllo ambientale in materia di

discariche abusive", lasciando quindi intendere che Ie mansioni del Cataldi

dal 1-2-2003 sarebbero mutate in quanto gli sarebbero state attribuite

funzioni di coordinamento. Ed invero lo stesso autore dell'ordine di servizio

n°3734/2003 dott. Giannone, sentito come informatore, ha chiarito che il

M.llo Bianco non ha mai coordinate il lavoro del Cataldi e del De Santis,

nonostante il tenore dell'ordine di servizio prot. n°8440/2002, occupandosi il

Bianco di un settore (quello della edilizia) diverse da quello in cui lavorano

gli altri due operatori di P.M. (settore ambiente) e che in realtà non esiste

una Sezione unificata Edilizia ed Ambiente e quindi un coordinatore della

medesima; inoltre Ie mansioni del ricorrente in nulla sembrano mutate dopo

l'ordine di servizio del 1-2-2003, come riferito dall'informatore De Santis, il

quale ha altresì dichiarato di essere in sostanza addetto alle stesse

mansioni del Cataldi e che il suo lavoro non e da quest'ultimo nè controllato

nè coordinato (ammesso che il predetto termine conservi una qualche

rilevanza quando si tratta di coordinare il lavoro di una sola persona).

Tanto premesso in fatto Ie mansioni attualmente disimpegnate dal

ricorrente, consistenti nella attività esterna di controllo dei cantieri edili e

delle discariche abusive, eseguita in coppia con l'agente di P.M. De Santis,

comportanti anche un lavoro di tipo esecutivo di misurazione delle aree

comunali interessate da eventuali occupazioni abusive, non sembrano

implicare, a differenza di quelle in precedenza espletate presso l'Ufficio

Verbali, l'esercizio di funzioni di coordinamento e di controllo dell'operato di

altri lavoratori, funzioni queste ultime che, tra l'altro, da quanto risulta

dall'esame sommario della documentazione prodotta dal ricorrente nonchè

dalle dichiazioni rese dall'informatore De Santis (il quale ha dichiarato che

in sostanza il ricorrente prima organizzava il lavoro degli altri) il Cataldi ha

espletato " ininterrottamente sin dall'ottobre del 1995, anche se in contesti

organizzativi dell'ente convenuto diversi dall'attuale. Orbene, precisato che

questi ultimi non possono all'evidenza giustificare un eventuale

demansionamento del dipendente pubblico, se non nella misura in cui il

demansionamento, peraltro consentito dal dipendente, si ponga come

alternativa ad un legittimo licenziamento, appare illegittima la assegnazione

del ricorrente al settore Vigilanza Ambientale, ed in particolare alle attività

indicate negli ordini di servizio n°8440/2002 e n°3734/2003, poichè adottata

in violazione del combinato disposto dell'art. 2103 c.c. e dell'art. 52 del

d.lgs. n°165/2001 nonchè dell'art. 7, comma 5°, del C.C.N.L. del 31-3-1999,

non avendo il Comune convenuto, a differenza di quanto sostenuto dal

Comandante P. Giannone in sede di escussione, tenuto conto della

professionalità acquisita dal Cataldi nello svolgimento degli incarichi

precedentemente assegnatigli. Alla stregua di quanto sopra esposto va

ritenuto sussistente il fumus boni juris. Quanto al periculum in mora, tenuto

conto dell'importanza dell'esercizio in concreto delle funzioni di

coordinamento e controllo da parte dei lavoratori inquadrati nella categoria

C ( ex VI qualifica funzionale) ai fini dell'applicabilità della normativa

contrattuale " di favore" sopra ampiamente riportata, pare potersi

fondatamente prospettare nella fattispecie la irreparabilità del pregiudizio

sotto il profilo del danno professionale per perdita di chances relative alla

progressione di camera; inoltre dal punto di vista sia del danno esistenziale

che di quello professionale va sottolineato che il ricorrente, ove non fosse

emesso un provvedimento urgente di adibizione a mansioni equivalenti a

quelle disimpegnate prima dei provvedimenti datoriali oggetto di

impugnazione, si troverebbe nella incresciosa condizione di non potere

assecondare attraverso il concreto svolgimento dell'attività lavorativa Ie

esigenze di sviluppo ed estrinsecazione delta propria personalità garantite

dall'art. 2 della Costituzione (v. in tema della tutela della professionalità nel

pubblico impiego la recente sentenza della Corte d'Appello di Roma -

sezione lavoro- del 16-5-2002 nella causa Proia C. contro Comune di

Monte San Biagio ).

Infine, ancora con particolare riferimento al danno esistenziale, va

sottolineato che, proprio nelle comunità di minori dimensioni, come quella di

Gallipoli, l'adibizione a mansioni inferiori, da espletare per giunta in luogo

pubblico (praticamente su strada), ad iniziativa dell'Amministrazione

comunale nei confronti di un dipendente che è stato assegnatario di compiti

socialmente più qualificanti, e per giunta residente in quella comunità,

appare potenzialmente idoneo ad ingenerare nell'opinione pubblica

l'impressione che al provvedimento di demansionamento siano sottese

ragioni diverse da considerazioni di ordine strettamente organizzativo, con

conseguente lento ma progressivo svilimento dell'immagine sociale del

ricorrente, che un tempestivo ed efficace provvedimento giudiziale vale

invece a scongiurare.

Pertanto, nelle more del giudizio di merito, va provvisoriamente ordinato al

Comune resistente la adibizione del ricorrente a mansioni che

effettivamente comportino nell'area di vigilanza compiti di coordinamento e

di controllo di operatori di pari qualifica o di quella inferiore con la

precisazione che, a prescindere dalle conseguenze risarcitorie per

equivalente monetario che potrebbero scaturire dall'inadempimento

datoriale. il ricorrente potrà giovarsi del presente provvedimento per

legittimamente rifiutarsi di svolgere Ie mansioni di attuale adibizione (art.

1460 c.c.) e mantenere comunque il diritto al trattamento retributivo

offrendo di espletare Ie mansioni corrispondenti a quelle il diritto al cui

svolgimento gli viene in questa sede riconosciuto.

Le spese del presente procedimento cautelare verranno regolate all'esito

della successiva fase di merito.

P.T.M.

visto l'art.669 octies c.p.c., accoglie l'istanza di concessione di

provvedimento d'urgenza ex art.700 c.p.c. proposta, con atto depositato il

16-12-2002, da Cataldi Guerino nei confronti del Comune di Gallipoli e, per

l'effetto, dispone che il convenuto adibisca il ricorrente a mansioni nell'area

di vigilanza comportanti compiti di coordinamento e di controllo di altri

operatori. Assegna alle parti il termine di 30 giorni per la instaurazione del

giudizio di merito ai sensi dell'art. 669 octies, 4° comma, c.p.c come inserito

ex art. 31 d. Igs. n°80/98 e successivamente modificato ex art. 19, comma

18°, d. Igs. n°387/98. Manda alla Cancelleria per la comunicazione alle

parti.

Lecce, 17-3-2003

Il G. D. L.

Dott.ssa Caterina Mainolfi

Depositato in Cancelleria oggi 18/03/03