LA POLIZIA
LOCALE per la sicurezza delle città e delle comunità collinari
A cura di LUCA QUAGLIOTTI - responsabile AA.LL. FP CGIL
ASTI
Si è svolto ad Asti lo
scorso 31 maggio un importante convegno, a cui ha partecipato il
segretario Nazionale della FP CGIL Gianni PAGLIARINI, sul ruolo della
polizia locale a garanzia della sicurezza dei cittadini nelle città e
nelle unioni dei comuni (comunità collinari in Piemonte). Il convegno,
organizzato dalla FP CGIL Piemonte e dai Comprensori FP di Asti e
Alessandria, ha affrontato le complesse questioni che riguardano i
problemi contrattuali e di ruolo professionale del personale della
Polizia Locale delle piccole comunità, e le non poche difficoltà che
si pongono alla costruzione dei servizi associati di Polizia locale, con
particolare riferimento a quelli che operano nelle recentemente
costituite e costituende Comunità collinari in Piemonte.
La scelta di Asti quale sede del convegno è stata determinata da due
importanti fattori: quello di essere, come Provincia d'Asti, da molti
anni agli ultimi posti nazionali per quanto riguarda la sicurezza dei
propri cittadini; e quello di essere la Provincia piemontese con il più
alto numero di comunità collinari della regione Piemonte.
Il convegno ha evidenziato le gravi lacune normative, legislative e
contrattuali proprie del settore; nonché la sussistenza di gravi
carenze negli organici, nella qualificazione del personale, nelle
incertezze politiche di settore e, più generalmente, nell'assenza di
una visione politica unitaria che riguardi tutti i corpi di Polizia.
Ad aggravare la situazione concorre anche la difficoltà a procedere
alla costituzione delle Comunità collinari quali soggetti giuridici
autonomi nell'erogazione dei servizi delegati e dei nuovi compiti
derivanti in forza del processo associativo. Difficoltà accentuate
dalla carenza di risorse finanziarie, del tutto inadeguate a sostenere i
costi derivanti dal trasferimento dei nuovi compiti alle costituite e
costituende Comunità.
Dal convegno è emersa in primo luogo la necessità di un quadro
legislativo rinnovato e certo e comunque tale da consentire una chiara
identificazione dei compiti e della figura stessa dell'operatore di
Polizia locale: sotto il profilo professionale, istituzionale,
operativo. S'impone con forza la promulgazione di una nuova legge, la
quale sia in grado di definire il ruolo dell'operatore di Polizia,
eliminando i dualismi, le continue sovrapposizioni di funzioni e
compiti, un'inutile ed improduttiva concorrenzialità tra i diversi
corpi, la non meglio definita gerarchia di ruoli e funzioni tra i vari
corpi di polizia.
Entro questo nuovo quadro legislativo, meglio si potrà collocare la
stessa iniziativa relativa al nuovo inquadramento contrattuale degli
operatori. Sotto questo profilo molti sono i problemi aperti,
conseguenti al processo di innovazione introdotta dalla nascita delle
Comunità collinari e dai processi di accorpamento, riunificazione e
ridistribuzione sul territorio degli operatori ad esso conseguenti. Il
nuovo che nasce non può e non deve essere la pura proiezione in un
quadro territoriale più ampio, di vecchi e insufficienti compiti, dei
limiti funzionali e strutturali dei vecchi inquadramenti, di normative,
e perché no, di politiche rispondenti alle pregresse situazioni. Si
apre qui un campo di iniziative del sindacato decisivo e tale da
impegnare tutte le sue migliori energie, anche nella prospettiva di
rafforzare, nel contratto nazionale, ruoli e competenze della
contrattazione decentrata.
Decisivo, sotto ogni profilo, sarà la politica di formazione che
s'intenderà svolgere. Essa dovrà corrispondere ai nuovi compiti, senza
peraltro trascurare politiche di formazione in grado di correre a
migliorare le prestazioni relative agli importanti compiti già oggi
svolti dalla polizia operante nei piccoli centri, talvolta più
complessi di quelli richiesti ai corpi di polizia maggiormente
strutturati ed in grado di organizzare le loro funzioni per settori di
competenza.
Nuova legge, rinnovo contrattuale, formazione continua, sono parti
inscindibili di una politica che voglia collocarsi al livello dei nuovi
problemi posti dalla richiesta di sicurezza e tutela che i cittadini
sempre più chiedono. Necessità di sicurezza che non è prerogativa
esclusiva delle grandi metropoli, ma anche delle piccole e talvolta
piccolissime comunità.
Sotto questo profilo s'impone una svolta nelle politiche per la
sicurezza. Esse devono riguardare in primo luogo l'adeguamento delle
forze chiamate a prevenire e a contrastare, per questa ragione occorre
investire in uomini, mezzi, strutture, coordinamento. Ma è sempre più
urgente l'adozione di politiche socialmente lungimiranti, in grado di
guardare al corpo della società.
Sotto questo profilo sempre più essenziali sono le politiche di
contrasto alla povertà, al degrado urbano, ai processi di
emarginazione, specialmente giovanile. Sono essenziali politiche che
intervengano in ambienti urbani degradati, dove alligna il germe della
violenza e dell'asocialità, per rimuoverne le cause con concrete azioni
di rinnovamento urbano grandi e piccole. I costi non possono essere un
alibi all'assenza di politiche, si può incominciare con poco: con
strumentazioni tecniche di base (illuminazione, telecamere,
telesoccorso, punti di ascolto ed intervento). Servono naturalmente
anche politiche sociali che sviluppino i servizi integrati sul
territorio che sappiano sviluppare le politiche di ascolto.
Come sappiamo, le migliori politiche di sicurezza sono quelle che
sviluppano l'occupazione che attraverso il lavoro integrano nella
società le nuove generazioni, allontanandole dalle condizioni di
incertezza.
10.6.2002 |