Un agente della Polizia
Municipale di Pescara è assorta agli onori della cronaca cittadina, per
essere oggetto di un'ipotesi d'accusa di omicidio colposo da parte della
Procura Pescarese.
Viene subito da pensare che sia avvenuto un investimento con l'agente alla
guida di un'auto di servizio in emergenza o una sparatoria, per un
intervento di contrasto alla microdelinquenza.
Niente di tutto questo, l'investimento mortale di un pedone vi è stato ma
riguarda un'auto dei carabinieri, la collega era al momento del fatto
intenta a regolare il traffico cittadino a circa15 - 20 metri dal luogo
dell'incidente
In pratica alla collega si addebita di non aver impedito (!) il repentino
attraversamento della strada, al di fuori delle strisce pedonali, da parte
del pedone
Ci lascia, quindi, perplessi vedere un agente della P.M. intento a
dirigere il traffico, chiamato a rispondere di un investimento mortale
(episodio che si svolge in pochissimi istanti e ad a circa venti metri
dalla propria postazione) con un'accusa d'omicidio colposo com'e più di
chi era alla guida del veicolo!
La nostra piena fiducia nella Magistratura e nella professionalità della
Procura Pescarese ci fa, in ogni caso, essere certi che la verità dei
fatti sarà appurata
Quanto accaduto, ci rafforza nella nostra idea di lotta sindacale per un
ruolo chiaro e ben definito della Polizia Locale nell'ambito delle
politiche integrate per la sicurezza urbana, attraverso una seria legge di
riforma, tutele di pari livello di quelle garantite alle altre Forze di
Polizia, valorizzazione della nostra specificità professionale, adeguate
norme contrattuali.
In particolare, bisogna contrastare quei modelli organizzativi che
lasciano i lavoratori allo sbaraglio sulla frontiera della quotidiana
invivibilità di tanti centri urbani e non, a mo di parafulmine d'ogni
carenza e in un rapporto di continuo stato di conflitto con il cittadino.
Si può e si deve fornire un servizio di tutela della vivibilità
cittadina con standard qualitativi elevati, non si deve farlo, però,
sulle spalle dell'anello più debole della catena di comando.
Non basta quindi la solidarietà alla collega, bisogna impedire nuovi
traumi ad altri lavoratori cambiando queste impostazioni organizzative e
ricercando, nello stesso tempo, seri percorsi professionali aperti a tutti
i lavoratori.
Altro fatto gravissimo è che la lavoratrice abbia preso conoscenza
dell'accusa dalle pagine dei quotidiani. Questo è offensivo per la sua
dignità, ne viola la privacy, gli elementari diritti di difesa e di
garanzia fissati dal codice. Basti pensare cosa abbia potuto significare
per i figli della nostra collega, vedere nome e cognome della propria
madre a piena pagina e sotto un'accusa d'omicidio colposo.
Alla collega (ed alla sua famiglia) va la nostra totale solidarietà e
disponibilità ad assisterla in tutte le forme che saranno necessarie,
coscienti che ciò non potrà lenire il dolore di vedersi oggetto di
un'ipotesi accusatoria così pesante, pur nella consapevolezza di aver
fatto appieno il proprio dovere.
Giovanni
Pagliarini
Gennaro Martinelli
Segretario Nazionale FP
CGIL
Coordinatore Naz.le FP CGIL Polizia Locale
Roma, 25 marzo 2003
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