INTRODUZIONE
Il settore della Polizia
Locale rientra fra le materie riservate dalla legge alla competenza dei
Comuni, delle Province, delle Regioni, delle Comunità Montane e degli
Enti Parco. Essenzialmente riguarda le competenze di Polizia
Amministrativa ed è in tale veste che la Polizia Provinciale viene
interessata agli interventi legati alle problematiche emergenti in sede
locale.
Negli ultimi tempi le amministrazioni locali vengono insistentemente
chiamate a fornire il loro contributo per tipi di intervento diversi,
attinenti alla complessa realtà delle comunità locali, ove la Polizia
Provinciale opera ormai con un'estesa rete di strutture, Corpi e Servizi e
con un rilevante numero di addetti. In tale contesto emergono
problematiche che spesso derivano da una inadeguata normativa di
riferimento, contenuta prevalentemente nella Legge 8/03/1986 n. 65,
recante, peraltro, norme relative all'ordinamento solo della Polizia
Municipale.
Il settore in questione è stato interessato in questi ultimi tempi da
alterne vicende che hanno condizionato le dimensioni e la rilevanza delle
strutture di Polizia Provinciale nel contesto delle collettività in cui
le medesime operano, messo in discussione l'efficienza delle strutture
attuali e l'organizzazione da dare loro per il futuro.
Ad una forte espansione della domanda di sicurezza da parte dei cittadini,
registratasi nella seconda parte degli anni '90, ha fatto seguito una
richiesta continua negli anni successivi, fino ad oggi, di interventi
realizzati con conseguenti difficoltà di gestione da parte delle
strutture di Polizia Provinciale, la cui conformazione originaria ha
subito profonde trasformazioni, con ampliamento di competenze e di
organici nelle grandi città, con una parcellizzazione e rarefazione degli
stessi nei piccoli comuni.
L'operato degli organismi legislativi, in questi ultimi anni, non è stato
estremamente attento e sollecito a recepire una richiesta di nuovi
strumenti normativi che fosse tale da consentire di affrontare le
crescenti complessità e problematiche, che hanno animato un settore che
ha preso un rilievo crescente nella vita dei cittadini e ha visto un
aumento della possibilità di interferenza dello stesso con i delicati
equilibri dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Senza la pretesa di trattare esaurientemente la complessa materia, che
presenta numerosi spunti di approfondimento, si é inteso tratteggiare i
contorni di un mondo in fase di profonda trasformazione, tentando di
cogliere nel contempo le questioni che con maggiore risalto emergono nella
comparazione con la disciplina vigente.
1) L'ORDINAMENTO DELLA
POLIZIA PROVINCIALE
Nella Legge Comunale e Provinciale non si aveva alcun riscontro di
funzioni di vigilanza affidate ad organi della Provincia. Si parlava della
figura degli agenti addetti alla vigilanza, solo quando si affermava che
l'introito delle ammende era devoluto ad un fondo speciale, per premi di
diligenza da conferirsi ad agenti, che avessero contribuito alla scoperta
e all'accertamento dei reati.
E' noto che tra le competenze attribuite ai Comuni e quelle alle Province
vi è una grande diversità: il Comune risponde ad una domanda diretta di
erogazione dei servizi; la Provincia, eroga servizi di carattere
impersonale come ad esempio la buona viabilità che è utile al cittadino,
ma non risponde ad una specifica richiesta, bensì ad una generica attesa
di una buona manutenzione della rete viaria.
Storicamente il legame indiretto con il cittadino ha origine nel periodo
post-napoleonico, quando la Provincia diviene entità puramente
amministrativa di un territorio a carattere intercomunale, fornisce sì un
insieme di servizi, che però non giustificano la creazione di una
struttura di vigilanza a carattere anche repressivo, come quella comunale.
Il primo esempio di attribuzione compiuta di competenze di vigilanza si ha
con l'emanazione del T.U. approvato con R.D. n. 1016 del 1939; dove, agli
artt. 68, 69 70 e seguenti la vigilanza è affidata agli ufficiali e agenti
di Polizia Giudiziaria ed alle Guardie Giurate Comunali e Campestri, alle
Guardie dei Consorzi Idraulici e Forestali, in particolare modo, ai
guardiacaccia dei Comitati Provinciali della Caccia, ed alle guardie in
servizio presso i concessionari di bandite e di riserve di caccia.
L'art. 68 prevedeva quindi la possibilità che soggetti affiliati all'Ente
Provincia, quali erano quelli dipendenti dai Comitati Provinciali della
Caccia, potessero svolgere un'attività di controllo in materia di caccia,
previa acquisizione del decreto di Guardia Giurata ai sensi dell'art. 133
e segg. del T.U.L.P.S..
E' quindi con le disposizioni contenute nel T.U. 1016/1939, che viene
assegnato alle Province il compito di vigilare, attraverso la creazione di
un proprio servizio, sul rispetto della normativa in materia di attività
venatoria.
Stranamente tali competenze travalicavano i confini della Provincia,
prevedendo per gli agenti la possibilità di intervento anche al di fuori
del territorio della propria Provincia; in tal modo si superava il
principio del limite di territorialità imposto dall'art, 221 del C.P.P.
vigente all'epoca e ripreso puntualmente nell'attuale formulazione
dell'art. 57 del vigente C.P.P.. Un forte limite invece a cui erano
soggetti i guardiacaccia dei Comitati Provinciali, era costituito dalla
materia di competenza: essi non potevano intervenire in materie diverse
dalla caccia, tuttavia il guardiacaccia, nell'esercizio delle sue
funzioni, era un pubblico ufficiale.
Altra competenza storica era costituita dalla vigilanza sull'esercizio
della pesca nelle acque interne e nelle zone di foce sulla base del R.D.
8/10/1931 n.1604, il quale prevede all'art. 31 che le Province possano
nominare agenti giurati in conformità dell'art. 138 del R.D. 18/06/1931
n. 773 T.U.L.P.S.. A tali soggetti, ai fini della sorveglianza sulla
pesca, è attribuita la qualità di Agente di Polizia Giudiziaria.
Attualmente tale competenza è stata trasferita alle Province, per quanto
attiene il personale di vigilanza volontario appartenente alle
Associazioni dei pescatori, sulla base dell'art. 163 lett. a) e b) del D.
Lgs 112/98.
2) TRASFORMAZIONI
SUCCESSIVE ALLA EMANAZIONE DEL DPR 616/77
Come già ricordato con l'art. 2 del DPR 14/01/1972 n. 1 sono state
trasferite alle Regioni a statuto ordinario le funzioni in materia di
Polizia Locale, Urbana e Rurale. Le funzioni di Pubblica Sicurezza restano
comunque attribuite allo Stato. Ancora con l'art. 1 lett. o) e p) del DPR
15/01/1972 n. 11, vengono trasferite le competenze in materia di caccia e
pesca, dallo Stato alle Regioni e, per la prima volta, si parla di
"polizia venatoria".
In tale maniera vengono trasferite, infatti, alle Regioni e
successivamente alle Province, le materie di caccia, peraltro già
affidate alle Province dal T.U. approvato con R.D. 1016/1939. Tuttavia
l'art. 3 del DPR 14/01/1972 prevedeva che fino alla emanazione di una
norma legislativa statale, che provvedesse al riordinamento ed alla
distribuzione della materia normativa tra gli Enti Locali, destinatari
delle deleghe amministrative, i Comuni e le Province mantenessero le
competenze svolte fino ad allora.
A tale riguardo il trasferimento più corposo e significativo è
rappresentato dalle competenze attribuite alle Regioni a statuto
ordinario, per mezzo del DPR 616/77, in attuazione della delega contenuta
nella L. 22/07/1975 n. 382. Con il passaggio delle competenze
amministrative dallo Stato alle Regioni si determina la nascita di una
sorta di competenza primaria, in capo ai soggetti designati dall'autorità
amministrativa.
Sempre nel 1977 si assiste alla emanazione della L. 968/77, recante norme
di principio per l'attuazione dell'art. 117 della Costituzione, in materia
di caccia.
L'art. 27 della L. 968/77 stabiliva che la vigilanza, in materia di
esercizio di attività venatoria, era affidata agli "agenti
venatori", dipendenti dagli enti delegati dalle Regioni. Con tale
dizione non veniva individuata con chiarezza la competenza primaria delle
Province in questa materia, ma si lasciava la possibilità alle Regioni di
delegare queste competenze agli Enti Locali, ritenuti più idonei allo
svolgimento dei compiti amministrativi e conseguentemente di vigilanza. In
maniera abbastanza anomala ed impropria, però, qui si parla di
"guardie giurate comunali, forestali e campestri", inserendo
tali soggetti tra coloro che, in via sussidiaria, sono incaricati della
vigilanza sul rispetto delle norme che regolano l'attività venatoria; tra
di essi trovano anche collocazione: gli agenti e gli ufficiali di Polizia
Giudiziaria e del Corpo Forestale dello Stato.
Agli Agenti dipendenti dagli Enti delegati, tra i quali in particolare
quelli delle Province, venivano riconosciute le funzioni di Polizia
Giudiziaria, con i classici limiti di temporalità, materia e
territorialità.
Con questo articolo si assiste ad un passaggio naturale rispetto alla
precedente disciplina dettata dal T.U. 1016/1939, poiché viene superata
la qualifica di Guardia Giurata riconosciuta ai sensi del T.U.L.P.S. ed
acquisita la qualifica di "polizia giudiziaria, per lo svolgimento
dei compiti di vigilanza sull'esercizio dell'attività venatoria".
Con tale qualifica, veniva attribuito il potere di compiere tutti gli atti
previsti per la Polizia Giudiziaria, in particolare per quanto riguardava
il sequestro delle armi, dei mezzi di caccia e della selvaggina.
3) LA RIFORMA DELLA POLIZIA
MUNICIPALE: RIFLESSI SULLA POLIZIA PROVINCIALE
E' solo con l'applicazione analogica della L.65/86 " Legge quadro
sull'ordinamento della Polizia Municipale" e delle leggi regionali
applicative della disciplina statale, tra le quali la Legge Regionale
della Toscana n. 17/89, che inizia la trasformazione del guardiacaccia in
una figura giuridicamente diversa.
E' con l'applicazione di tali norme che viene compiuto un salto di
qualità, con la trasformazione del servizio di vigilanza in Corpo di
Polizia Provinciale, in analogia a quanto previsto per i corpi di Polizia
Municipale dei Comuni.
Viene, infatti, acquisita per il personale la qualifica di Agenti e
Ufficiali di Polizia Giudiziaria e successivamente, ma solo ad opera dei
Prefetti, viene concessa, agli appartenenti ai Corpi, anche la qualità di
Agenti di Pubblica Sicurezza, in analogia con la Polizia Municipale.
La legge 65/86 presentava, infatti, delle grosse lacune per quanto
atteneva la Polizia Provinciale, considerata diversa da quella dei Comuni.
L'art. 12 della stessa prevedeva un'applicazione estensiva delle
disposizioni a tutti gli Enti Locali diversi dai Comuni, con alcune grosse
insufficienze per quanto atteneva le funzioni attribuite, poiché si
escludeva, di fatto, l'applicazione automatica degli artt. 3 e 5,
riguardanti le funzioni di Pubblica Sicurezza.
Tali insufficienze e lacune saranno colmate, per quanto riguarda la
Polizia Provinciale, dalla L.157/92.
4) ALTRI ENTI LOCALI
TITOLARI DI FUNZIONI DI POLIZIA LOCALE
Uno dei punti più controversi della Legge 65/86 è dato dalla
formulazione dell'art. 12. Per effetto dello stesso, la legge non si
applica soltanto ai comuni, ma anche agli "enti locali diversi dai
comuni che svolgono le funzioni di polizia locale", i quali possono
istituire appositi servizi.
Per definire la nozione di "altro ente locale" è necessario
rifarsi al dibattito sviluppatosi in occasione della emanazione delle
norme di attuazione dell'Ordinamento Regionale ordinario, e sulla
interpretazione dell'analoga dizione costituzionale, la quale prevede che,
nella definizione di Ente Locale vi debba essere compreso l'ambito
territoriale unito a quello della esponenzialità.
Tra l'altro l'art.9 del decreto n.616/1977 indica molto chiaramente che le
funzioni di Polizia Amministrativa non sono proprie solo dei Comuni, ma
anche delle Province e delle Comunità Montane, cui riteniamo possano
essere assimilate figure giuridiche soggettive associative o consortili
tra detti Enti Locali Territoriali.
L'art. 12, per come è stato formulato, è quindi quello che ha generato
maggiori perplessità e discussioni, per la sua insufficienza e la sua
scarsa chiarezza. Sulla base di tale articolo si ipotizza un'estensione
delle disposizioni della legge 65/86 agli Enti Locali diversi dai Comuni.
Tuttavia tale estensione non risulta completa, con la conseguente
permanenza in capo alle guardie della Provincia della qualifica di agente
di Polizia Giudiziaria, senza alcuna limitazione di materia. I limiti
posti dall'art. 12, all'estensione della legge agli altri Enti locali, si
sono rivelati in tutta la loro negatività, se consideriamo lo sviluppo
della normativa successiva, riguardante gli Enti Locali che ha previsto
un'espansione di competenze principalmente in capo alle Province e agli
altri Enti.
Si stabilisce, infatti, che ad essi si applichino le disposizioni di cui
agli artt.2, 6, 8, il, 13, e 14 della legge, ma non quelle sulle funzioni
di Polizia Giudiziaria, di Polizia Stradale e di Pubblica Sicurezza, di
cui all'art. 5. Tuttavia il 2° comma dello stesso art.12 stabilisce
l'applicabilità della disposizione sulla indennità di P.S. "a
favore del personale di vigilanza, in relazione alle funzioni (di cui al
precedente art.5) effettivamente svolte", dando per scontata
l'applicabilità generale delle norme sulle qualifiche di agente di
Pubblica Sicurezza e di quelle di Polizia Giudiziaria. Per quest'ultima
qualifica si potrebbe essere portati a pensare che sia pienamente
applicabile l'art. 57, 2° comma, del C.P.P.
5) INDIVIDUAZIONE DELLE
ALTRE POLIZIE LOCALI
Alla cospicua presenza sul territorio di Forze di Polizia di Stato, va
aggiunta anche la presenza dei Corpi di Polizia che sono amministrati
dagli Enti Locali che svolgono funzioni di Polizia, quali Comuni,
Province, Enti Parco, Comunità Montane.
Proprio queste forze di Polizia Locale, negli ultimi anni, a seguito della
lenta attuazione della Legge 65/1986, si sono organizzate e moltiplicate,
operando con sistematicità.
Tralasciando la specificità delle Polizie Locali che operano nelle
Comunità Montane e negli Enti Parco, i cui poteri risultano fortemente
limitati, sia per la materia che per la territorialità, accanto alla più
massiccia ed organizzata presenza della Polizia Municipale, viene a
collocarsi la Polizia Provinciale, la quale ha assunto rilievo in
particolare dopo l'emanazione della L. 142/90 e della L. 157/92, recante
norme per la tutela della fauna omeoterma e per l'esercizio venatorio, con
le quali si è riconosciuta la piena estensione del dettato della L. 65/86
anche alla Polizia Provinciale, superando in tal modo i limiti dell'art.
12 della legge stessa.
6) RIVITALIZZAZIONE DELLA
PROVINCIA COME ENTE INTERMEDIO CON FUNZIONI DI GOVERNO DEL TERRITORIO
Il disegno della Legge 142/90, disciplinando le attribuzioni degli Enti
Locali in materia di tutela e salvaguardia del territorio, tendeva a
superare la frammentazione dei "microcomuni" ed individuava
all'art. 14 (oggi art. 19 del D.Lgs. del 18/08/2000, n. 267) le funzioni
della Provincia, indirizzandole, con particolare attenzione, verso la
salvaguardia del territorio extraurbano e l'ambiente. In tale normativa
traeva origine una più compiuta attribuzione di competenze di controllo e
la necessità di attivare strutture idonee allo svolgimento dell'attività
di vigilanza.
E' in tale impostazione che la Polizia Provinciale è chiamata ad
intervenire in tutte le materie di competenza della Provincia, con
particolare riferimento alla salvaguardia dell'ambiente, della fauna e del
territorio, alla disciplina dei rifiuti solidi e liquidi in base al D.
L.vo 22/97, all'inquinamento delle acque, alla tutela del territorio e
delle bellezze naturali, nonché alla circolazione stradale, ex art. 12
D.lgs. 285/92, sia dal punto di vista penale che amministrativo.
Ulteriori competenze, oltre a quelle individuate dalle leggi statali, sono
attribuite dalle varie leggi regionali. A tale proposito alcune Regioni
hanno scelto di operare una vasta attribuzione di competenze alle
Province, sia in materie di salvaguardia ambientale e del territorio, che
della tutela del turismo, affidando loro il diretto controllo sulle
strutture turistiche (alberghi, pensioni, agenzie di viaggio,
affittacamere, camping, agriturismo, etc.).
7) FOCALIZZAZIONE
DELL'INTERVENTO VERSO LA SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO
In particolare però l'attenzione si è concentrata sull'ambiente. A tale
riguardo appare significativo il concetto di "non esclusività"
degli addetti alla salvaguardia ambientale. E' tuttavia inconfutabile che
non esiste un Ente più adatto della Provincia per svolgere le competenze
di tutela dell'ambiente e della fauna, sia dal punto di vista della
conoscenza, che della dimensione e della suddivisione territoriale.
Se nel recente passato vi è stato un silenzio della legislazione statale
sul concetto di territorialità, come ambito di gestione ottimale, da
parte delle Province, la legislazione successiva agli anni '90 (L.157/92 e
D.Lgs 22/97) individua con chiarezza l'Ente Provincia come dimensione
ottimale di un comprensorio per lo svolgimento di attività legate al
territorio.
In particolare nella L. 157/92 è presente uno dei motivi conduttori che
porteranno ad una modifica della struttura della Polizia Provinciale:
dalle competenze amministrative a quelle penali (art. 27 e 28 L.157/92),
utile proprio per un intervento incisivo sul territorio.
Con la Legge 157/92, art. 30, vengono infatti introdotte sistematicamente
sanzioni penali per alcuni reati di carattere venatorio. Viene tra l'altro
superata l'anacronistica ipotesi di reato costituita dal "furto
venatorio", introdotto dalla giurisprudenza penale e costituzionale.
L'art. 27 della citata legge utilizza la formula, ormai collaudata, che
individua negli agenti dipendenti dagli Enti delegati, i principali
soggetti a cui è affidata "in primis" il compito di assicurare
il rispetto della L. 157/92.
Con tale legge si ha una strutturazione giuridica definitiva a proposito
di Polizia Locale. Le incertezze e le timidezze del legislatore della
Legge 65/86 vengono fugate definitivamente; con l'art. 28 si attribuisce
chiaramente una funzione propria alla Polizia Provinciale, con
l'assegnazione di compiti di Polizia Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza,
ex art. 29. Con tali specificazioni viene superata l'incertezza introdotta
con l'art. 12 delle L. 65/86, circa il ruolo e le competenze attribuite
alla Polizia Provinciale. Vengono definitivamente chiariti i dubbi
interpretativi sulle qualità della polizia dei comuni e quella delle
Province, definendo competenze e limiti di materia e territorialità,
nonché il problema dello svolgimento del servizio muniti di armi, quali
agenti di Pubblica Sicurezza.
8) LE COMPETENZE DELLA
POLIZIA PROVINCIALE IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI (D.Lgs. 22/97)
Le competenze, affidate alle province in materia di controllo sulla
normativa per lo smaltimento dei rifiuti, si sostanziano nella
formulazione dell'art. 20 del D.Lgs. 22/97, nel quale si individua la
Provincia quale Ente incaricato del controllo su tutte le attività di
gestione, comprendendo anche l'accertamento delle violazioni alla
normativa sui rifiuti. Per tale attività essa potrà utilizzare, oltre al
proprio personale di vigilanza, anche il personale dell'Agenzia Regionale
per la Protezione Ambientale, con la quale possono essere stipulate
apposite convenzioni da parte della Provincia.
E' pur vero che il C.P.P., all'art. 55 e segg., non distingue esclusività
di competenza tra i soggetti che sono chiamati a svolgere attività di
Polizia Giudiziaria, tuttavia il ruolo che le Polizie Provinciali sono
chiamate a svolgere, per quanto attiene i controlli nel campo dello
smaltimento dei rifiuti, è determinante in quanto all'Ente provincia in
"primis" sono affidate le competenze per il controllo sui
rifiuti; da tali attribuzioni consegue un accrescimento delle competenze
della Polizia Provinciale, quale organismo di vigilanza delle Province.
In tale veste la Polizia Provinciale può effettuare verifiche, ispezioni,
prelievo di campioni, compiere sequestri. Al personale, come a tutti gli
organismi che svolgono competenze di Polizia Giudiziaria, non può essere
in alcun modo impedito l'accesso all'interno dei locali, in cui si trovino
insediamenti produttivi.
Vi sono inoltre tutta una serie di materie per le quali non vi è una
specifica attribuzione di competenze alla Polizia Provinciale che però,
in virtù del concetto di non esclusività, vengono comunque da questa
svolte: tutela ambientale, inquinamento da rifiuti, inquinamento
elettromagnetico, inquinamento acustico, scarichi e inquinamenti idrici,
urbanistica ed edilizia, bellezze naturali e artistiche, tutela del
paesaggio, Parchi, Riserve Naturali, Oasi, e Parchi Regionali.
9) GESTIONE VIGILANZA
VOLONTARIA E ATTRIBUZIONI EX D.Lgs. 112/98
Una delle competenze, abbastanza originale, spettante alla Polizia
Provinciale è costituita dal Coordinamento della Vigilanza Volontaria
faunistico-ambientale.
L'art. 27 della L. 157/92 individua nella Provincia il soggetto che deve
curare il coordinamento dell'attività delle Guardie Volontarie delle
Associazioni agricole, venatorie e ambientaliste. La norma introduce una
particolarità nelle funzioni di vigilanza, che è stata ripresa, per
alcuni aspetti in materia di circolazione stradale, con l'introduzione dei
c.d. "Ausiliari del traffico".
In genere le funzioni di Polizia consistono nell'espletamento di
un'attività di carattere accertativo, tendente a scoprire un illecito,
sia esso di natura amministrativa che penale, di un'attività di carattere
investigativo attraverso la quale si ricercano gli autori dell'illecito ed
infine di un'attività assicurativa, mirante ad assicurare le fonti di
prova, inerenti l'illecito commesso. Tali competenze, di norma, per quanto
attiene la vigilanza sull'esercizio venatorio, sono attribuite alla
Polizia Locale e la funzione non sembrerebbe attribuibile ad altri
soggetti.
Nella L. 157/92 vengono individuati però altri specifici soggetti,
denominati Guardie Giurate Volontarie, in capo ai quali è riconosciuta la
qualifica di Pubblico Ufficiale, il cui potere di intervento può
discendere dall'art. 13, 1° comma, della L. 689/81.
Il legislatore nel formulare l'art. 27 della L. 157/92, aveva in mente di
affidare la vigilanza in campo faunistico a dei soggetti i cui poteri
potevano esplicarsi solo nel campo degli illeciti amministrativi,
escludendo a priori la possibilità che potessero intervenire nel campo
degli illeciti penali, la cui competenza è riservata ai soggetti che
svolgono funzioni di Polizia Giudiziaria e ne possiedono i relativi
poteri.
La nomina a Guardia Volontaria, ai sensi dell'art. 133 del T.U.L.P.S. e
art. 249 Reg. att., viene conferita dal Prefetto, sulla base del possesso
di requisiti di carattere personale del soggetto richiedente.
Con l'introduzione della normativa di cui all'art. 163, 3° comma lett. a)
e b) del D. Lgs 112/98, la competenza al riconoscimento della qualità di
Guardia giurata volontaria è stata affidata alle Province, e precisamente
alla Polizia Amministrativa della Provincia.
Tale assegnazione può essere considerato il naturale e omogeneo
completamento delle competenze in capo all'Ente Provincia, poiché prima
sulla base dell'art. 27 della L. 157/92, solo il Prefetto concedeva il
decreto di Guardia Giurata Volontaria, previo superamento di un corso di
preparazione, con esame finale da tenersi presso la Provincia.
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