28.05.2004 - Cassasione civile, sentenza n° 4773 del 9.3.2004  
Il datore di lavoro non può assegnare il lavoratore a mansioni inferiori

Il divieto opera anche se al lavoratore è assicurata la medesima retribuzione
La Corte di Cassazione, con sentenza n° 4773 del 9.3.2004, chiamata a pronunciarsi sull’effettivo contenuto del divieto del datore di lavoro di assegnare il lavoratore a mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto, oppure alle ultime effettivamente svolte (sancito con norma inderogabile dall´art. 2103 c.c.), ha confermato ancora una volta il suo precedente orientamento.  
La Corte ha infatti ribadito che il datore di lavoro non può – pena l’obbligo di risarcire il danno - modificare le originarie mansioni del lavoratore, assegnandogli mansioni sostanzialmente inferiori, neppure se mantiene inalterata la sua collocazione nell´organizzazione gerarchica dell´impresa e la sua retribuzione.
Questo in quanto il lavoratore ha diritto a conservare il livello professionale acquisito e, anzi, ad accrescere le proprie competenze professionali, anche in prospettiva di un avanzamento di carriera.


10.03 - Cassazione: Sentenza responsabilità del datore di lavoro per infortunio del lavoratore

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - sentenza 21 ottobre 2003 n. 39771 - (rigetta il ricorso, confermando  la sentenza della Corte d’appello di Messina 13 dicembre 2002).

Responsabilità penale – Peculato – Utilizzo da parte di un pubblico funzionario dell’auto di servizio e dell’autista – Per compiti diversi da quelli di istituto – Reati di cui agli artt. 314, 2° comma, c.p. e 323 c.p. – Sussistono – Fattispecie.

Sussiste il reato di cui al c. 2 dell’art. 314 c.p. (per quanto concerne l’uso dell’autovettura) ed il reato di cui all’art. 323 c.p. (per quanto concerne l’utilizzo della prestazione dell’autista) nel caso in cui un pubblico funzionario (nella specie si trattava del Presidente della Provincia di Messina), si sia servito per ragioni personali dell’autovettura di rappresentanza di cui aveva la disponibilità facendosi accompagnare in una località (nella specie, Bari) insieme alla moglie per imbarcarsi su di una nave crociera, e di essersi fatto venire a prendere per compiere il percorso inverso, ponendo a carico dell’Amministrazione l’onere di trattamento di missione per l’autista e le spese della benzina.

 VIETATO FARE LA SPESA IN ORARIO D'UFFICIO
Roma - (Adnkronos) - Vietato fare la spesa durante l'orario di lavoro. Allontanarvi dall'ufficio per fare acquisti senza chiedere il permesso vi potrebbe costare una condanna penale. Nessuna attenuante nemmeno se, in via cautelativa, recuperate a posteriori il tempo perso per la spesa. Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza 12789, ha respinto il ricorso di due impiegati siciliani, Vito B. e Liliana Francesca V., dipendenti dell'ufficio delle imposte di Castelvetrano, 'rei' di essersi allontanati dall'ufficio senza richiedere il permesso per andare al supermercato Sma a fare la spesa. Per la Cassazione un comportamento di questo tipo e' da censurare perche' ''e' assolutamente impossibile ritenere che vi sia qualche dipendente esonerato dall'obbligo di richiedere il permesso per dedicarsi ad acquisti di natura privata durante l'orario di ufficio''.

L’AZIENDA CHE ABBIA LICENZIATO UN DIPENDENTE CON MOTIVAZIONE GENERICA RIFERITA A “GRAVISSIME INADEMPIENZE AMMINISTRATIVE” NON PUO’ ESSERE AMMESSA A PROVARE IN GIUDIZIO I FATTI ATTRIBUITI AL LAVORATORE
La prova deve concernere solo circostanze che siano state specificamente contestate (Cassazione Sezione Lavoro n. 3259 del 5 marzo 2003, Pres. Putaturo Donati V., Rel. Mercurio).
         Italo M., dipendente della s.p.a. Istituto Luce, è stato licenziato con motivazione riferita a "gravissime inadempienze amministrative". Egli ha impugnato il licenziamento davanti al Pretore di Roma. Costituitasi in giudizio l’azienda ha specificato l’addebito chiedendo di essere ammessa a provare per testimoni i comportamenti illegittimi attribuiti al dipendente. Il Pretore non ha ammesso la prova rilevando che essa concerneva circostanze che non erano state contestate al lavoratore nel procedimento disciplinare che aveva preceduto il licenziamento; conseguentemente ha annullato il licenziamento ordinando la reintegrazione del lavoratore e condannando la società al risarcimento del danno. Questa decisione è stata confermata, in grado di appello, dal Tribunale di Roma.
           La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 3259 del 5 marzo 2003, Pres. Putaturo Donati V., Rel. Mercurio) ha rigettato il ricorso della società, in quanto ha ritenuto che il Tribunale abbia correttamente motivato la sua decisione rilevando che la motivazione del licenziamento era priva della specificazione degli effettivi comportamenti attribuiti al lavoratore; conseguentemente il Tribunale ha esattamente ritenuto inammissibile la prova richiesta sui motivi del licenziamento, osservando che essa non era riferibile all’oggetto della contestazione in quanto riguardante fatti specifici non corrispondenti alla genericità della medesima.

LO SCORRIMENTO DELLA GRADUATORIA DEI VINCITORI DI UN CONCORSO DEVE ESSERE UTILIZZATO DALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SOLO SE DECIDA DI COPRIRE MEDIANTE ASSUNZIONE IL POSTO RESOSI VACANTE

NON E’ GIUSTIFICATO IL LICENZIAMENTO DI UN LAVORATORE CHE, PER IMPEDIMENTO FISICO, NON RAGGIUNGA I LIVELLI DI RENDIMENTO STABILITI DALL’AZIENDA

L’INATTIVITA’ FORZATA LEDE LA PERSONALITA’ DEL DIPENDENTE E PRODUCE UN DANNO ALLA SUA VITA DI RELAZIONE

IL LICENZIAMENTO DURANTE IL PERIODO DI PROVA E’ ILLEGITTIMO SE IL LAVORATORE NON E’ STATO ADIBITO ALLE MANSIONI INDICATE NELLA LETTERA DI ASSUNZIONE

I Comuni devono selezionare i lavoratori da assumere fra gli iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità in possesso della professionalità richiesta
La legge 28 febbraio 1987, n. 56 recante "Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro", all’art. 16 impone anche ai Comuni di selezionare i lavoratori, da assumere con qualifiche per le quali non è richiesto un titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo, fra gli iscritti delle liste di collocamento (o di mobilità) in possesso della professionalità richiesta e dei requisiti per l’accesso al pubblico impiego, da avviare numericamente secondo l’ordine delle graduatorie risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti.
          La normativa vigente, integrata dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 dicembre 1988, non consente dubbi sul fatto che in nessun caso, neppure in quello dell’urgente necessità, è consentito procedere ad assunzioni dirette del personale – con l’eccezione delle qualifiche funzionali escluse dalla disciplina – senza l’intervento della Sezione circoscrizionale per l’impiego (Cassazione Sezione Lavoro n. 3254 del 5 marzo 2003, Pres. Mileo, Rel. Picone).

Obbligo di reperibilità lavoratore assente per infortunio
( Cassazione , sez.Lavoro, sentenza 09.11.2002 n° 15773 )
L'obbligo di disponibilità del lavoratore assente per infortunio sul lavoro, pur non direttamente disciplinato dalle fasce orarie previste dal DL 463/83 e dalla L.638/83, è legittimamente regolabile dal contratto collettivo.
Così ha deciso la Corte di Cassazione sezione Lavoro con la sentenza 15773/02, ricordando che l'obbligo di reperibilità è parte del più generale obbligo di correttezza e buona fede, immanente a tutto lo svolgimento del rapporto obbligatorio.

Responsabilità penale - Reato di peculato - Per utilizzo abusivo e ripetuto dell’utenza telefonica della P.A. per effettuare chiamate personali - Nel caso in cui tali telefonate non siano da ritenere episodiche e sporadiche - Sussiste - Fattispecie.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE – Sentenza 13 settembre 2002 n. 30751 - Pres. Acquarone, Est. Martella - Procura della Repubblica c. Carlozzi - (annulla con rinvio Tribunale di Campobasso, sent. 16 gennaio 2001).
Responsabilità penale - Reato di peculato - Per utilizzo abusivo e ripetuto dell’utenza telefonica della P.A. per effettuare chiamate personali - Nel caso in cui tali telefonate non siano da ritenere episodiche e sporadiche - Sussiste - Fattispecie.
Rientra nella fattispecie del peculato di cui all’art. 314 cod. pen. il comportamento di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio che, disponendo, per ragione dell’ufficio o del servizio, dell’utenza telefonica intestata alla pubblica amministrazione, la utilizza ripetutamente (non già in casi eccezionali) per effettuare chiamate personali; in tale ipotesi il fatto lesivo si sostanzia non nell’uso dell’apparecchio telefonico quale oggetto fisico, bensì nell’appropriazione, che attraverso tale uso si consegue, delle energie, entrate a far parte nella sfera di disponibilità della pubblica amministrazione occorrenti per le conversazioni telefoniche (1).

LA MORTE DEL LAVORATORE PER CARDIOPATIA CAUSATA ANCHE DALLE CONDIZIONI DI LAVORO PUO’ CONFIGURARE INFORTUNIO Stress emotivo e sbalzi di temperatura rientrano nel concetto di “causa violenta” (Cassazione Sezione Lavoro n. 13741 del 16 ottobre 2000, Pres. Trezza, rel. Figurelli).

L’AZIENDA NON PUO’ DILAZIONARE LA FRUIZIONE DELLE FERIE OLTRE L’ANNO DI COMPETENZA E IMPORRE SUCCESSIVAMENTE AL LAVORATORE DI SMALTIRE L’ARRETRATOSe il periodo di riposo previsto dal contratto non viene tempestivamente concesso, il dipendente ha diritto al risarcimento (Cassazione Sezione Lavoro n. 13980 del 24 ottobre 2000, Pres. Trezza, Rel. Giannantonio).

L’INFARTO CAUSATO DA STRESS PER ATTIVITA’ LAVORATIVA PARTICOLARMENTE INTENSA PUO’ COSTITUIRE “CAUSA VIOLENTA” DI INFORTUNIO SUL LAVORO – Con conseguente obbligo per l’INAIL di corrispondere il trattamento assicurativo previsto dalla legge (Cassazione Sezione Lavoro n. 14085 del 26 ottobre 2000, Pres. De Musis, Rel. Cuoco).

IL DEMANSIONAMENTO COSTITUISCE LESIONE DELLA DIGNITA’ DEL LAVORATORE, TUTELATA DALL’ART. 41 COST. E DALL’ART. 2087 COD. CIV. – Ne consegue il diritto al risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa, anche se non via sia la prova di conseguenze patrimoniali negative (Sezione Lavoro n. 14443 del 6 novembre 2000, Pres. Trezza, Rel. Mammone).

Il diritto del lavoratore di ottenere il risarcimento del danno causatogli da un’illegittima sospensione disciplinare si prescrive in dieci anni - Perché si fonda sulla responsabilità contrattuale del datore di lavoro (Cassazione Sezione Lavoro n. 17209 del 4 dicembre 2002, Pres. Trezza, Rel. D’Agostino).
L’illegittima sospensione del lavoratore dall’attività lavorativa, decisa dal datore di lavoro in scorretto esercizio dei propri poteri disciplinari, come anche l’illegittimo licenziamento, è fonte di responsabilità contrattuale e non extracontrattuale. Conseguentemente il diritto del lavoratore al risarcimento del danno resta assoggettato all’ordinaria prescrizione decennale e non a quella quinquennale (Cassazione Sezione Lavoro n. 17209 del 4 dicembre 2002, Pres. Trezza, Rel. D’Agostino).

ANCHE IL VIGILE URBANO “VIABILISTA” HA DIRITTO ALLA PROTEZIONE ASSICURATIVA INAIL CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVOROQuando subisce lesioni nell’esercizio dei suoi compiti (Cassazione Sezione Lavoro n. 16364 del 20 novembre 2002, Pres. Ciciretti, Est. De Matteis).

Cassazione, Sezioni Unite Civili; Sentenza n. 7859 dell'11 giugno 2001 Regolamento di giurisdizione sulle selezioni interne

Corte di Cassazione - Sezione Lavoro; Sentenza 29.8.2002 n. 12692: Diritto incondizionato allo spostamento ad altra sede per motivi di assistenza al genitore invalido ex art. 33, comma 5 L. 104/1992 - Insussistenza - Esigenze aziendali - Prevalenza

Licenziamento motivato da ingiurie nei confronti del superiore gerarchico
rilevanza della provocazione
Cassazione 11706/2000

Cassazione Sentenza 16 settembre 2002 n. 13528/2002
L'assunzione temporanea di personale straordinario da parte degli enti locali non può covertirsi in rapporto a tempo indeterminato, essendo necessario per quest'ultimo il concorso o una prova pubblica selettiva. È comunque valido, ha affermato la Suprema Corte secondo un orientamento ormai consolidato (sentenza 13528 del 16 settembre 2002), il contratto di lavoro per il periodo di tempo in cui di fatto si è svolto. Resta esclusa, pertanto, l'applicabilità della disciplina privatistica alle assunzioni in esame.

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE – Sentenza 13 settembre 2002 n. 30751
Responsabilità penale - Reato di peculato - Per utilizzo abusivo e ripetuto dell’utenza telefonica della P.A. per effettuare chiamate personali - Nel caso in cui tali telefonate non siano da ritenere episodiche e sporadiche - Sussiste - Fattispecie.

Corte di cassazione, Sezioni unite civili, Sentenza 1° luglio 2002, n. 9556 - risarcimento danni morali
Ai prossimi congiunti di persona che abbia subito lesioni personali a causa di un reato spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell'art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso, con conseguente legittimazione del congiunto ad agire iure proprio contro il responsabile.

Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 4 maggio 2002, n. 6420 - Illegittimo licenziamento -
E' illegittimo il licenziamento del lavoratore che abbia prodotto in giudizio documenti aziendali da lui fotocopiati, in quanto il diritto di difesa prevale sull'obbligo di fedeltà di cui all'art. 2105 c.c.

LE LAVORATRICI IN MALATTIA DEVONO ESSERE SEMPRE REPERIBILI
(per agevolare la visita fiscale il nome da nubile deve comparire sul citofono dell'abitazione accanto a quello del marito) (Cassazione 4233/2002)

Incidente stradale causato da stress del lavoratore - responsabilità datore
Ai fini dell'accertamento di tale responsabilità incombe al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare esclusivamente l’esistenza di tale danno, la nocività delle condizioni di lavoro e il nesso causale tra questi due elementi (nella specie la Corte ha ritenuto la responsabilità del datore nell’incidente stradale causato dallo stress del lavoratore).

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - SENTENZA N.5/2002

Cassazione 10090/2001 - Sezione IV Penale.
Il maltrattamento sul lavoro è come in famiglia.

INFORTUNIO IN ITINERE - INDENNIZZABILITA' DEL DANNO DA INCIDENTE STRADALE NEL PERCORSO DI ANDATA E RITORNO DAL LUOGO DI LAVORO AL LUOGO DI RESIDENZA DELLA FAMIGLIA.

INFORTUNI SUL LAVORO - INDENNIZZABILITA' DELL'INFORTUNIO IN ITINERE - SPOSTAMENTO DAL LUOGO DI LAVORO AL LUOGO DELLA PROPRIA DIMORA, DIVERSO DAL   LUOGO DI RESIDENZA

RAPPORTO DI LAVORO PRIVATO - VINCOLO DI SUBORDINAZIONE - COMPATIBILITA' CON IL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO

LAVORO SUBORDINATO - RISARCIMENTO DEL DANNO ALLA SALUTE PER MALATTIA DERIVANTE DA SOVRACCARICO DI LAVORO

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE - TEMPESTIVITA' DEL PROVVEDIMENTO

CONTRATTO DI LAVORO A TERMINE - L'ASSUNZIONE DI LAVORATORE IN MOBILITA' - CLAUSOLA APPOSITIVA DEL TERMINE - LEGGE N. 223 DEL 1991 INTERPRETAZIONE