La direttiva per il rinnovo del CCNL dei Segretari comunali e provinciali.

Comunicato di Giovanni Pagliarini Segretario Nazionale FP CGIL
e
Orazio Parisi Coordinatore Nazionale Segretari Comunali e provinciali

 

Come noto nei giorni scorsi (13.10.2005) è stata finalmente emanata la direttiva per il rinnovo del CCNL dei Segretari comunali e provinciali relativamente al quadriennio 2002-2005.

Malgrado l’intollerabile ritardo, il sindacato confederale ha dovuto attivare le procedure per il raffreddamento dei conflitti al fine di ottenere l’emanazione di una direttiva che, per i suoi contenuti, rafforza ulteriormente le ragioni dell’adesione allo sciopero generale proclamato per il prossimo 25 novembre.

Tale direttiva, infatti, deludendo ogni aspettativa in merito ad una necessaria inversione di rotta, prosegue ed approfondisce il solco di una deriva degenerativa degli ideali sottesi al processo di  riforma della figura dei Segretari comunali che appare ormai ingovernabile.

Vi sono responsabilità politiche gravi, che stanno determinando un’emergenza istituzionale relativa a tutta la dirigenza pubblica, che non possono essere sottaciute e di cui deve darsi conto ai cittadini.

E’ necessario, quindi, portare all’attenzione dell’opinione pubblica la forza delle ragioni dei Segretari comunali e provinciali.

Le ragioni, cioè, di un’alta dirigenza locale, la cui rilevanza delle funzione non è mai stata posta in discussione da alcuno, ma che si vuole prona e servile ad uno scellerato disegno, di  scardinamento delle garanzie di legittimità e democraticità delle istituzioni, che vede quale sola alternativa l’eliminazione per inedia di una classe di lavoratori e professionisti pubblici da sempre al servizio esclusivo della Nazione e presidio locale di garanzia dell’imparziale buon andamento dell’azione amministrativa.

In questi mesi la CGIL, consapevole che i problemi dei Segretari comunali non possono essere delimitati all’interno della ristretta cerchia della loro categoria, ma esprimono un disagio più ampio di tutta la dirigenza pubblica, causato da evidenti processi involutivi di quegli ideali di modernizzazione della PA che hanno ispirato il legislatore in questi ultimi quindici anni, ha richiesto con forza agli interlocutori istituzionali di individuare nella valorizzazione del lavoro pubblico la strada maestra per garantire i diritti fondamentali delle persone, per presidiare la legalità e per attuare le politiche di sviluppo di cui il nostro Paese ha assoluta necessità.

E’ stata posta con forza la questione della missione dell’alta dirigenza e la necessità che questa non debba essere costretta ad alzare nessuna bandiera di parte; è stata indicata la tutela dell’autonomia e la responsabilità quali antitodi della subordinazione alla politica. Nel caso dei Segretari comunali, si è ribadito che questi non vogliono issare altro vessillo che non sia quello delle istituzioni locali, della loro storia millenaria, della loro vitalità democratica e della ragione profonda del farsi strumento al servizio delle comunità locali .

Lo sviluppo, la legalità, la democraticità delle nostre istituzioni può essere assicurata, infatti,  solo da una dirigenza pubblica, forte ed autorevole, con la schiena dritta come ama ricordare il Presidente della Repubblica, che pone al servizio della collettività il suo impegno e la sua professionalità; che è parte delle istituzioni ed elemento di garanzia e stabilità al di là delle mutevoli maggioranze di governo.

Abbiamo chiesto alla politica di assicurare la dignità e l’orgoglio del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e di tornare ad occuparsi di come l’apporto innovativo dell’alta dirigenza locale debba contribuire allo sviluppo delle comunità locali ed assicurare l’autocontrollo, la trasparenza e l’imparziale buon andamento della cosa pubblica.

Nel caso dei Segretari comunali, tali indicazioni si sono concretizzate in una serie di richieste d’intervento, normative e contrattuali, tese a superare l’ambiguità e l’incertezza dell’oggi  ed a consentire un sempre maggiore impegno della categoria nella direzione delle politiche di sviluppo intraprese dalle aa.ll..: regole e strumenti, responsabilità ed autonomia, serietà e rigore, queste le richieste della categoria.

Richieste di principio tradotte nel concreto da proposte, che apparivano condivise, di superamento dell’artificioso dualismo con i direttori generali esterni, di riconoscimento al segretario comunale di competenze espressive della sua naturale posizione di unico riferimento della direzione complessiva degli enti ed unico centro di imputazione della correlata responsabilità, di necessaria presenza all’interno di ogni comune e di ogni provincia, di disciplina della figura all’interno dei processi associazionistici tra enti (convenzioni, unioni, comunità montane), di allineamento delle condizioni economiche e giuridiche alla dirigenza, di salvaguardia dei livelli occupazionali, di garanzie di stabilità e autonomia in misura congrua ad esercitare serenamente ed indipendentemente il proprio ruolo e le proprie funzioni secondo canoni di adeguatezza dell’azione amministrativa all’art. 97 della Cost. .

La risposta, al di là delle dichiarazioni di principio, è nella realtà dei fatti: uno schiaffo che brucia sulla pelle dei lavoratori e tende alla demolizione di un patrimonio professionale evidentemente di ostacolo a disegni diversi rispetto alle proclamate esigenze di modernizzazione ed efficienza delle istituzioni.

Se sul piano teorico le dichiarazioni di principio dei più alti esponenti delle istituzioni sono andate anche oltre le richieste della categoria, al contrario,  la realtà dei fatti registra attacchi gravissimi alla stessa esistenza della categoria.

Riduzione del periodo di disponibilità (art.1, co.46, L. n.311/2004) applicazione di norme generali in tema di mobilità che non tengono in alcun conto la specificità della figura ( art.3 ter D.L: 136/2004), mobilità con rinuncia della qualifica dirigenziale (art.1, co. 48, l. n. 311/2004), blocco delle assunzioni, tentativi di soppressione della figura diretti (modifiche statutarie di Castel di Tora e Lauro) ed indiretti (emendamento ANCI alla finanziaria 2005 con possibilità per i comuni sotto i 3000 abitanti di nominare SC un responsabile di servizio), disegno di riforma del TUEL che non raccoglie nessuna richiesta in merito alla valorizzazione del ruolo e delle funzioni del Segretari comunali ma al contempo favorisce ed amplia l’utilizzo di soggetti esterni alla PA, mortificazione economica e professionale dei segretari comunali portata a termine con una direttiva sul rinnovo contrattuale tanto offensiva e provocatoria da richiedere alle OO.SS. di condividere e consacrare quello che hanno osteggiato fino al giorno prima.

Una direttiva che tende alla valorizzazione di una figura professionale, alla sua motivazione e responsabilizzazione, non si dilunga, infatti, nella sua maggior parte nella previsione delle modalità di graduale “esaurimento” della categoria (disponibilità-mobilità) e per la restante in interventi peggiorativi del suo status (divieto di cumulo con indennità direttore generale-eliminazione clausola di galleggiamento).

Il problema, sia chiaro, non è la sola reformatio in peius di taluni istituti economici ma le intenzioni che muovono a tale peggioramento e le conseguenze sul ruolo che, inevitabilmente, si determinano: marginalizzazione del segretario negli enti ed aumento del ricorso a soggetti esterni senza alcuna garanzia di preparazione e professionalità, con relativa spesa fuori controllo.

Non si spiega diversamente la volontà di negare compensi economici al Segretario comunale per attività altrimenti lautamente remunerate a soggetti, per lo più appartenenti ad apparati politici, individuati liberamente senza alcun obbligo di verifica dei requisiti culturali e professionali e senza alcun tetto di spesa, così come appare evidente che la  clausola di galleggiamento aveva la funzione di rimediare ad una grave carenza e di consentire al sovraordinato di guadagnare almeno quanto il soggetto sottoposto a sovraordinazione.

Una politica demolitrice, quindi,  una vera e propria intimidazione, portata avanti con arroganza pari solo all’assenza di una chiara e coraggiosa  assunzione diretta di responsabilità in merito alle conseguenze delle proprie intenzioni.

C’è da chiedersi a chi giovi l’assenza di controlli, la vanificazione del principio di separazione tra funzioni politiche e funzioni amministrative, la proliferazione degli uffici di staff, la demolizione quantitativa e qualitativa della pubblica amministrazione, il depotenziamento della dirigenza pubblica, la precarizzazione degli incarichi, l’imperversare dello spoil system ed il rafforzamento della sudditanza e della fidelizzazione che si vuole imprimere al rapporto tra sfera politica e pubblica amministrazione, una spesa pubblica fuori controllo per consulenze ed incarichi senza regole, gli sprechi giustificati dal mito dell’aziendalismo.

Una risposta certa può essere data: non al cittadino.

Non al cittadino, in quanto indebolire sempre più l’alta dirigenza delle istituzioni rappresenta la negazione ideologica della sua dimensione costituzionale di garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’agire pubblico e della sua stessa missione di tutela e positivizzazione dei diritti di cittadinanza.

Quella dei Segretari comunali e provinciali non è, quindi, una difesa formale e corporativa del proprio status, non è solo la difesa della dignità del lavoro pubblico, ma rappresenta una reazione ad un’emergenza istituzionale che, inesorabilmente, produrrà conseguenze negative all’intera società civile.

Nei prossimi giorni le consultazioni tra la categoria ed il sindacato indicheranno le modalità di contrasto e di reazione all’ennesimo attacco alla sua stessa esistenza.

Resta evidente che, in mancanza di un ripensamento da parte degli interlocutori istituzionali,  non potrà esservi alcun confronto sul piano contrattuale ed andrà preteso il coraggio e la chiarezza che la situazione impone. 

Roma, 7 novembre 2005